di Nino Lentini •
Prosegue la diminuzione demografica del nostro paese, già riscontrata nei due anni precedenti, terzo paese dell’Unione Europea (dopo la Germania e la Francia e il ventitreesimo nel mondo) dove al primo agosto 2020 la popolazione risulta essere poco più di sessanta milioni. Continua invece a crescere l’indice di vecchiaia che, al primo gennaio 2019, raggiunge quota 171,1 anziani ogni cento giovani, registrando un numero record nazionale e un aumento rispetto all’anno precedente di oltre quattro punti percentuali.
Anche l’indice di dipendenza segna un incremento rispetto all’anno precedente, risultando uguale a 56,3 persone in età non lavorativa ogni cento in età lavorativa, confermando così la presenza di uno squilibrio generazionale. Tutto questo è quanto reperito, navigando su internet. Dati inconfutabili che fanno molto pensare. Proprio su questi dati una riflessione merita di essere fatta. Domande legittime che meriterebbero e meritano una risposta dopo aver analizzato, attraverso un excursus storico su quanto si è verificato nel tempo nel nostro paese, e non solo. Sono fatti inconfutabili che stanno ancora accadendo e che portano i dati di cui prima a peggiorare di anno in anno.
E’, infatti, sotto gli occhi di tutti che da quando si è introdotta la politica della globalizzazione il mondo ha continuato a fare i passi del gambero. Era invece stato promesso, che la globalizzazione avrebbe dovuto portare tanto benessere, sotto tutti i punti di vista. Migliore tenore di vita, sviluppo delle attività, maggiore lavoro e di conseguenza minore disoccupazione. I giovani avrebbero dovuto avere, in tal senso, risposte serie e concrete. Così non è stato, sotto tutti gli aspetti. Le aziende chiudono, il lavoro diminuisce, la disoccupazione giovanile aumenta, le famiglie non decollano. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ma anche molte Organizzazioni non governative hanno una posizione molto critica al riguardo, sottolineando soprattutto come la globalizzazione sia legata ad un aumento delle diseguaglianze mondiali e, in alcuni casi, della povertà. Se, quindi, il fenomeno della globalizzazione, appare come un fenomeno economico-sociale inevitabile ed inarrestabile, in quanto legato all’evoluzione della società moderna e più in generale alla modernità, i contenuti delle politiche economiche della globalizzazione e i loro effetti sociali su povertà e diseguaglianza potrebbero e dovrebbero essere governati e gestiti in maniera più attenta.
La globalizzazione può favorire lo sviluppo economico di alcuni Stati, in particolare quelli sottosviluppati, attraverso guadagni e profitti provenienti dal decentramento che consiste nello spostare le industrie, o parte di esse, nei paesi sottosviluppati, dove la manodopera ha un costo inferiore offrendo così un lavoro ai paesi più poveri. Tutto ciò porta ad una corsa al ribasso nelle condizioni dei lavoratori e la crescente tendenza al predominio sull’economia mondiale da parte delle grandi multinazionali, con l’aggravarsi degli squilibri economici e sociali interni ai singoli Stati e nei rapporti fra paesi e aree economiche, accompagnando, così, un complessivo aumento delle disuguaglianze. Economisti che hanno avuto un ruolo di dirigenti negli organismi sopranazionali, come J.Stiglitz, hanno manifestato critiche simili, mentre studiosi come M. Chossudovsky hanno parlato di globalizzazione della povertà. Rispetto a tutto ciò diventa chiaro ed inequivocabile che se per i giovani il lavoro è diventato una chimera, chi già ha un lavoro vive nell’ansia di poterlo perdere da un momento all’altro, le famiglie vivono di stenti e non riescono ad arrivare a fine mese. Come può una persona, senza lavoro e senza prospettive future pensare di crearsi un nido, una famiglia con possibilità di allargare la stessa pensando ad avere uno o più figli? Che prospettive e quale futuro gli si potrebbero garantire se non quello di incertezze e basta. Ecco allora la risposta del perché la popolazione diminuisce sempre di più ed i giovani, rispetto agli anziani sono sempre di meno. Ci vorrebbero a questo punto politiche serie di ricostruzione per il paese, per i giovani, per le famiglie, per la società. Solo così si potrebbe sperare in un futuro diverso e radioso. Se i nostri politici riusciranno a mettersi una mano sul cuore, se ancora esiste nel loro petto un cuore, e fare ciò che è giusto, tutti insieme, e non sempre il popolo e solo il popolo, potremo vivere per vedere l’alba di giorni migliori.