“Passeggio per i campi con il cuore sospeso nel sole”
di Antonino Costa ∙
Giuseppe Impastato, detto Peppino, nacque a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, da una famiglia legata a cosa nostra: Il padre Luigi (1905-1977) era stato inviato al confino durante il periodo fascista per la sua appartenenza alla mafia, lo zio e altri parenti erano mafiosi ed il cognato del padre, Cesare Manzella, era il capomafia del paese, ucciso nel 1963 in un attentato con una alfa romeo giulietta riempita di tritolo. Ancora ragazzo, rompe con il padre che lo caccia via di casa, e avvia un’attività politico culturale antimafiosa. Aderisce al P.S.I.U.P e conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo, in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati.
Nel 1975 fonda una radio “Radio Aut” radio libera finanziata da lui, con cui denuncia i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, e in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti, che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell’aeroporto di Palermo. Nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Viene assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978, nel corso della campagna elettorale, con una carica di tritolo, il corpo successivamente viene adagiato sui binari della ferrovia. A Roma nello stesso giorno viene trovato il corpo di Aldo Moro ucciso dalle brigate rosse, la morte del presidente della democrazia cristiana, fa passare in secondo piano la morte di Impastato. Forze dell’ordine, magistratura e stampa parlano di atto terroristico di cui l’attentatore sarebbe rimasto vittima. In un fonogramma il procuratore capo scrive attentato alla sicurezza dei trasporti sulla strada ferrata Trapani Palermo.
Invece, un brigadiere dei carabinieri nella sua relazione indica che l’esplosivo usato non era tritolo ma una mina impiegata nelle cave di marmo al fine di rendere irriconoscibile il corpo. Nel maggio del 1984 l’ufficio istruzione del tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del consigliere Rocco Chinnici, avvia il lavoro del primo pool antimafia ma prima di venire assassinato nel luglio del 1983, emette una sentenza, firmata dal consigliere istruttore Antonino Caponetto, in cui si riconosce la matrice mafiosa del delitto Impastato. Solo nel 1996 grazie alla madre Felicia e al fratello Giovanni, venne riaperto il caso chiedendo che venisse interrogato il nuovo collaboratore di giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla cosca mafiosa di Cinisi, così l’anno dopo venne emesso ordine di cattura per Gaetano Badalamenti, incriminato come mandante del delitto. Finalmente, il 5 marzo 2001 arriva la sentenza: la Corte d’assise riconosce Vito Palazzolo colpevole e lo condanna a trenta anni di reclusione, l’11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti viene condannato all’ergastolo.
Moro ed Impastato “Furono due facce della stessa medaglia poiché la mafia e la corruzione politica, spesso si intrecciano fra di loro “. Impastato e Moro furono sicuramente entrambe persone pulite e oneste e soprattutto coerenti con le loro idee.
Entrambi ligi al loro dovere, rispettosi della legge e del loro ruolo. Moro fu un grande statista, Peppino Impastato fu un grande militante dell’antimafia ed un autentico giornalista. Di questi due personaggi mi rimangono impressi alcuni loro pensieri Aldo Moro diceva: “Questo paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere.” Peppino Impastato diceva: “La mafia uccide, il silenzio pure”. Queste due forti personalità che si sono battute per la giustizia sociale e la legalità costituzionale e democratica sono modelli e fari, ai quali bisogna guardare per ritrovare la via smarrita. Noi dobbiamo quotidianamente volgere il nostro sguardo a loro non solo ricordandoli, ma operando e ispirandoci ai loro insegnamenti.
Il delitto Moro cambiò senza dubbio la storia politica del nostro Paese, l’assassinio di Peppino Impastato rallentò il fiorire dell’antimafia.Entrambi gli omicidi furono portati a termine per collusione fra malavita e pezzi deviati delle nostre istituzioni. Infatti i due delitti hanno ancora molti lati oscuri. Coloro che non conoscono la storia sono condannati a ripeterla scrive Edmund Burke. Per non ripetere domani, gli errori di ieri, Rosario Livatino, Peppino Impastato, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino Carlo Alberto della Chiesa, e una infinità di altri martiri, non solo nomi ma pietre miliari a cui fare riferimento quotidianamente. Peppino Impastato ha deciso di opporsi alla mafia e di combatterla compiendo il gesto eroico di denunciare le sue malefatte sul giornale e sulla radio rischiando di perdere l’amore del padre e la sua stessa vita.
Molti giovani oggi dovrebbero seguire il suo esempio. Recentemente è stata fatta una canzone “PENSA” di Fabrizio Moro che è dedicata a tutte le vittime di cosa nostra e rivolta a tutti i ragazzi in cerca di ideali.
Le vicende degli ultimi decenni dovrebbero essere meglio note ma non mi pare che sia in corso una riflessione adeguata. Con la montagna di morti dell’ultima guerra di mafia (1981-83) e soprattutto con i grandi delitti e le stragi dei primi anni 90, si è riscoperta ancora una volta la mafia e c’è stata una reazione che ha portato alla legislazione antimafia, agli arresti e alle condanne e alla mobilitazione della società civile. La chiesa, attraverso la parola del cardinale di Palermo Pappalardo e del Papa Sua Santità Giovanni Paolo II, ha preso posizione, c’è stato un impegno reso visibile e prezioso da parte di preti e credenti che ha portato al martirio di Don Puglisi a Brancaccio e di Don Diana in Campania. Nella chiesa si è parlato di mafia in termini nuovi, come “peccato sociale” e struttura di peccato” e si sono gettate le basi per una pastorale antimafia. Oggi la mafia si è inserita tra i colletti bianchi e nei centri di potere. L’ex presidente della commissione antimafia ha detto che Peppino Impastato oggi è ricordato come uno dei pochi rivoluzionari italiani. Peppino è per tanti soprattutto giovani, simbolo di un impegno contro le mafie, la corruzione, le ingiustizie. Simbolo senza confini, vista la dimensione nazionale e internazionale assunta ormai dal crimine organizzato. La sua è però una memoria esigente, che non può fermarsi ai discorsi e alle celebrazioni retoriche. I sacrifici di tanti cittadini che non hanno voluto piegare il capo di fronte alla prepotenza mafiosa non sono stati inutili perché hanno sensibilizzato l’opinione pubblica e hanno indotto altri a seguirne l’esempio. Figure emergenti della lotta alla mafia in questo particolare momento sono lo scrittore Roberto Saviano e l’imprenditore calabrese Pino Masciari che simboleggiano nel modo più efficace il valore che la resistenza civile ha assunto oggi nel nostro paese.