Stessa matrice. Diversa età anagrafica. Unica via d’uscita: Cultura del rispetto e conoscenza della Costituzione.
di Brunella Trifilio ∙
Il bullismo è un atteggiamento di sopraffazione di chi si considera più forte nei confronti di coloro che al bullo appaiono più fragili. Un atteggiamento caratterizzato da violenze fisiche e psicologiche che si manifestano in ambienti scolastici o giovanili. Elementi distintivi del bullismo sono l’emarginazione e la sopraffazione del bullizzato in ambienti scolastici. Il mobbing (dall’inglese “to mob”, verbo che significa aggredire) è una forma di violenza psicologica esercitata sul dipendente di un’azienda che si concretizza in una serie di insopportabili ostacoli o costrizioni nello svolgimento dei propri compiti lavorativi. Elementi distintivi del mobbing sono l’emarginazione e la sopraffazione del mobbizzato sul luogo di lavoro.
Entrambi i soggetti, il mobber e il bullo, possono agire da soli o insieme ad altri individui, più o meno consapevoli (alleati o gregari), che condividono il sopruso per paura delle conseguenze – sulla propria persona – di un loro rifiuto a partecipare alle azioni di mobbing/bullismo. Entrambi i soggetti, mobber e bullo, hanno solitamente un carattere difficile, appaiono forti senza esserlo davvero, spesso non comprendono la gravità delle loro azioni oppure sono individui collerici, presuntosi, autoritari, arrivisti. In entrambi i casi, si riscontra un problematicità nel comportamento degli autori delle sopraffazioni e non in quello delle loro vittime. Purtroppo però, non è infrequente che a colpevolizzarsi e ad essere colpevolizzate siano proprio le vittime che – non supportati dagli altri nelle loro ragioni – si convincono di non essere abbastanza adeguati alla situazione.
Tante le analogie e i punti in comune tra mobbing e bullismo. Il lavoratore vittima di mobbing è isolato nel suo ambiente di lavoro: escluso da riunioni, corsi di formazione, comunicazioni, progetti, ecc. Lo studente vittima di bullismo è isolato in aula: escluso dal gruppo di compagni spesso vinti dalla paura che incute il solo bullo in grado di sottomettere il resto della classe, compresi i dissidenti. Il mobbizzato, come il bullizzato, subisce pettegolezzi, battute spiacevoli, insulti, diffamazione. Il mobbizzato subisce mansioni dequalificanti, carichi di lavoro eccessivi, controlli assillanti, rimproveri senza motivo preferibilmente in pubblico, mancata autorizzazione delle ferie richieste, ecc. Il bullizzato può subire: pretese illecite (richieste di denaro, consegna di oggetti personali al bullo, ecc.); controlli nei suoi movimenti (in bagno, nei corridoi, nel cortile, ecc.); accuse ingiuste; non accettazione nel gruppo (esclusione da incontri di svago extrascolastici, impossibilità di esprimere il proprio punto di vista se non subendo la derisione degli altri, ecc.). In casi estremi, il mobbizzato e il bullizzato subiscono violenza fisica, non solo psicologica. Il mobbing può essere orizzontale (condotta persecutoria posta in essere da colleghi riconducibili allo stesso gradino della scala gerarchica) e verticale (condotta persecutoria posta in essere da colleghi riconducibili a diversi gradini della scala gerarchica). Due le tipologie di mobbing verticale, quello ascendente (il lavoratore di livello più basso perseguita quello di livello più alto) e quello discendente (il lavoratore di livello più basso subisce il comportamento mobbizzante – bossing – del suo superiore). Il bullismo può manifestarsi “orizzontalmente”, nella stessa classe, oppure “verticalmente” tra compagni che frequentano classi inferiori o superiori nell’ambito dello stesso istituto scolastico.
Ostacolare i due fenomeni non è facile, ma non impossibile. Il tempismo di risposta della famiglia/scuola/azienda è determinante, ma ancora di più la prevenzione. Il bullismo e il mobbing sono atteggiamenti talmente subdoli che – presi singolarmente ed analizzati con superficialità – possono apparire quasi normali se non opportunamente contestualizzati, studiati, rapportati alla legge. Non comprenderne subito la portata e sottovalutarne le correlazioni comportamentali può provocare effetti devastanti sulla qualità della vita e sulla psiche delle vittime. Alcuni “campanelli d’allarme” sono comuni ad entrambi i fenomeni: la sistematicità delle singole azioni del bullo/mobber, l’intento vessatorio che le distingue dai semplici comportamenti negativi e il prolungamento nel tempo di queste condotte sgradevoli e pericolose. Rispondere con urgenza a questi segnali è inevitabile quando il problema è già sorto, ma sarebbe molto meglio prevenire. La prevenzione costruita sulla crescita culturale, quella che rende consapevole ognuno della propria dignità, anticipa il sorgere del problema impedendone il concepimento. Il mobbing e il bullismo – forse due facce della stessa medaglia – andrebbero analizzati insieme, come se l’uno (mobbing) fosse quasi l’inevitabile conseguenza della sottovalutazione (da parte della famiglia/scuola) dell’altro (bullismo) proprio nella prima fase della vita. Se la prevenzione è impossibile in un ambiente sfavorevole alla cultura del rispetto e della dignità, è proprio da questa che bisognerebbe partire per ottenere risultati importanti. Perché il semplice sapere, senza cultura, non può bastare nella costruzione duratura della dignità umana.
Annientare bullismo e mobbing è un compito arduo, se cerchiamo la soluzione nella legge del taglione e nella sua massima sintesi espressiva “oculum pro oculo dentem pro dente”. Ma insegnare la cultura del rispetto dell’uomo prevista dalla nostra Carta costituzionale, non è poi tanto difficile. La Costituzione sembra meno facile da praticare rispetto alla più semplice legge del taglione, ma non è così se ci si allena a farlo sin dalla più tenera età. Il mobbing e il bullismo chiamano prioritariamente in causa due pilastri della società, la scuola e la famiglia, in una sinergia non più rinviabile. Il buon esempio dei genitori e dei docenti è già prevenzione. Ma non sempre il buon esempio riesce ad arrivare con facilità da entrambe le parti in causa. Quando la famiglia ha bisogno d’aiuto è fondamentale che intervenga la scuola. Quando ad essere debole è la scuola, diventa determinante l’attenzione della famiglia non solo ai segnali d’allarme lanciati dai propri figli, ma prioritariamente ai loro deficit culturali in relazione ai valori fondamentali del vivere civile. Insegnanti, genitori e studenti dovrebbero conoscere a memoria gli articoli 2 e 3 della nostra Costituzione, pietre miliari del vivere civile come singoli e nella comunità.
“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”
Interiorizzare, sin da piccoli, i valori della Carta costituzionale è la prima forma di contrasto ad ogni violazione della dignità della persona, nel proprio presente e per il futuro delle nuove generazioni. Insegnare a scuola come in famiglia il rispetto della Costituzione equivale a prevenire comportamenti negativi, conflittuali, autoritari, iracondi, omertosi, non solidaristici. La conoscenza e il trasferimento da parte di ognuno (genitori, educatori, manager, ecc.) di questi valori – sin dalla prima infanzia e per tutto il resto della vita – è la migliore forma di prevenzione possibile. Prevenire è sempre meglio che curare.