Mario Caspani •
La fine del 2023 e l’inizio del 24 ci stanno regalando qualche salutare bagno di realtà, dopo anni di fuffa mediatica e pseudoscientifica propalata per ovvie ragioni di interesse.
Anzitutto l’ennesimo fallimento di quel carrozzone che va sotto il nome di COP (28 nel 2023). Sono infatti 28 anni che qualche migliaio di persone, prevalentemente appartenenti al mondo della politica, della finanza, dell’informazione (oltre a pochi scienziati più o meno titolati) si riunisce in varie parti del mondo partorendo roboanti proclami, puntualmente inutili, allarmate previsioni, puntualmente smentite, con l’unico effetto di produrre ancor più inquinamento (migliaia di voli aerei privati), oltre a costi esorbitanti per foraggiare le vacanze dei suddetti partecipanti.
Il tema è sempre lo stesso, sconfiggere il nemico assoluto di questo inizio millennio, la CO2 che, secondo non si sa bene quali teorie, sarebbe la causa di tutti i mali del mondo.
Non voglio approfondire gli aspetti pseudoscientifici di questo convincimento, acriticamente assorbito ahimè dalla maggioranza delle classi politiche occidentali e dalle rispettive opinioni pubbliche, mi limito a sottolineare come ci siano migliaia di scienziati che attraverso pubblicazioni, interviste e studi si limitano a ribadire che la C02 non è il nemico, ma anzi il motore della vita su questo pianeta (infatti con il suo aumento cresce la forestazione), ed è indimostrabile il suo effetto sul clima, tali e tante sono le variabili che lo influenzano (nuvole, eruzioni, correnti oceaniche, attività solare), al punto che una variazione infinitesimale delle emissioni antropiche (non raggiungono il 5% di quelle totali) sarebbe comunque ininfluente.
A conferma di tali affermazioni citerò solo qualche aspetto che, purtroppo, non viene tenuto in considerazione nei report ufficiali dell’IPCC (l’organismo dell’ONU che si occupa dei cambiamenti climatici e che segue logiche politiche più che scientifiche). Si tratta di 3 argomentazioni che rispondono alla seguente domanda retorica: se fosse vero che la causa dei cambiamenti climatici sia attribuibile alla sola C02 di origine antropica come si spiegano i seguenti fatti?
la temperatura globale è costantemente diminuita dal 1940 al 1980, in anni di boom economico con conseguenti aumenti esponenziali delle emissioni di C02 per attività umane.
Stesso discorso per il periodo 1998/2015 in cui la temperatura globale non è cresciuta.
Allargando la prospettiva storica, gli studi sui periodi caldi e freddi (strumento principe il carotaggio nei ghiacci delle calotte artiche e antartiche) dimostrano che sono sempre esistite variazioni climatiche, dal termine dell’ultima era glaciale, anche ben superiori a quelle ipotizzate oggi dai catastrofisti climatici, il tutto in assenza assoluta di emissioni antropiche di C02.
Si potrebbe andare avanti a lungo con simili argomenti di confutazione, e molti scienziati lo fanno continuamente, ma, come suol dirsi, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire e mediaticamente fa più audience una Greta giallo vestita di una batteria di premi Nobel. La narrazione ufficiale è da anni fossilizzata sul tema dell’abbandono dei combustibili fossili e chi non si adegua viene ignorato o tacitato.
Peccato che poi la realtà presenta il conto e i nodi vengono al pettine.
Non so se sapete, ma dal 2020 in poi l’UE prevede un aumento della spesa destinata a combattere la CO2 fino a 30 miliardi anno, ovviamente a scapito di altre erogazioni di carattere sociale e produttivo (per esempio fondi all’agricoltura). La reazione durissima in questi giorni degli agricoltori tedeschi, con il “blocco dei trattori”, ne è una logica conseguenza.
Ma checché stabilisca la UE e nonostante i propositi delle varie COP, puntualmente fallimentari, capita poi di leggere che una seria pubblicazione dal titolo Global Carbon Budget, curata dal Global Carbon Project, un network di studiosi e ricercatori, ha rilevato che nel 2023 le emissioni di CO2 a livello globale sono cresciute di 400 milioni di tonnellate. Come mai? Semplice, a fronte di una diminuzione UE (con tutti i costi economici e sociali pagati da noi) e USA, gli aumenti di emissioni di India e Cina hanno provocato il citato aumento globale. Già, perché le loro economie (e i loro politici) non hanno la minima intenzione di rinunciare a carbone, gas e petrolio per frenare il proprio sviluppo economico, con i conseguenti immaginabili rivolgimenti sociali che ne deriverebbero.
Viene poi da ridere leggere in questi giorni che la Germania, per fare un esempio, ha ridotto le emissioni delocalizzando le produzioni più responsabili dell’immissione di CO2 in Cina o altri Paesi in via di sviluppo… un po’ come tenere in ordine il giardino lanciando la spazzatura in quello del vicino…
Che dire poi delle cosiddette fonti energetiche rinnovabili, caldamente raccomandate dalla COP28? Ci sarebbe anche qui un lungo discorso da fare, mi limito a ricordare che la tecnologia costruttiva di pale eoliche e, soprattutto, pannelli fotovoltaici è in mano alla Cina che per produrre, come abbiamo visto, ci dà dentro alla grande col carbone!
Ci sono finalmente segnali che l’opinione pubblica europea si stia accorgendo del corto circuito di una politica verde poco scientifica e molto ideologica. Spero che basti per generare un cambiamento degli indirizzi politici europei, oggi orientati maggiormente al soddisfacimento dei desideri delle élite e della finanza internazionale, piuttosto che al benessere della gente comune.