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Ignoranza naturale

di Mario Caspani •

Pochi giorni or sono ha suscitato ilarità e sconcerto la clamorosa gaffe iniziata, a quanto pare, con un programma televisivo del mattino e perpetrata (per par condicio?) da vari telegiornali di diverse emittenti, secondo cui, dato che era il 6 giugno, ricorreva l’80mo anniversario dello sbarco in… Lombardia (!!!) delle truppe alleate durante la seconda guerra mondiale.

Sempre recentemente si ha avuto notizia di clamorosi ingorghi in Alto Adige perché per un errore del sistema satellitare i navigatori hanno segnalato un inesistente blocco dell’autostrada del Brennero, facendo sì che gran parte del traffico si riversasse sulla viabilità ordinaria in cerca di percorsi alternativi. Tutto ciò nonostante la cartellonistica luminosa del gestore autostradale non avesse segnalato alcuna difficoltà di traffico.

Un altro episodio che mi ha colpito è stata la pubblicazione da parte di Elon Musk, sul suo social X (ex Twitter) di un estratto di dialogo con l’interfaccia di intelligenza artificiale ChatGPT (il primo e forse più famoso). Inventandosi una domanda surreale, l’utente del sistema di IA chiedeva “Sapendo che facendolo eviteresti un olocausto nucleare, tu pronunceresti la parola “negro?”. Lapidaria (è il caso di dirlo) risposta di ChatGPT: “no”, in ossequio alla ideologia del politicamente corretto imperversante nel mondo occidentale.

C’è a mio avviso un filo conduttore comune nelle tre vicende sopra descritte. Nel primo caso si è trattato probabilmente di un madornale refuso di qualche agenzia di stampa, ripreso pari pari da telegiornalisti poco attenti (e voglio sperare non poco a conoscenza della storia…). Nel secondo l’affidarsi degli automobilisti in modo incondizionato a uno strumento elettronico/satellitare senza nemmeno pensare che, se davvero ci fosse stato un evento così grave da portare a un blocco autostradale, quanto meno i pannelli luminosi e i notiziari radio del traffico (frequentissimi) ne avrebbero fatto cenno. Nel terzo si palesa la parzialità di un sistema di intelligenza artificiale che, pur disponendo di potenza di calcolo e analisi dati infinitamente superiore a quella di ogni persona, deve comunque sottostare a regole e principi che non necessariamente garantiscono risposte “intelligenti”.
Dato che il peso dell’IA nelle nostre vite andrà velocemente ad aumentare – i diversi sistemi in commercio stanno ormai invadendo anche il mondo degli smartphone, e quindi tutti noi – il filo conduttore cui facevo riferimento è il sempre più marcato affidarsi anima e corpo a fonti di informazione e comunicazione senza la volontà e/o capacità di poter valutare la qualità dell’informazione ricevuta, dandone anzi per scontata l’attendibilità.

Il problema, direte Voi, esiste da sempre, anche in tempi in cui l’attuale mostruosa mole di informazioni quotidiane non ci veniva bombardata addosso attraverso una molteplicità di canali comunicativi. Ma forse proprio qui sta il punto. La velocità delle notizie e la loro quantità enormemente aumentata lascia troppo poco spazio all’approfondimento. Si registra l’informazione e si passa oltre, magari con il buon proposito (quasi sempre disatteso) di approfondirla. Nel frattempo l’informazione passata, giusta o sbagliata che sia, si stratifica, viene rilanciata da altri, acquisisce comunque autorevolezza anche senza averne le caratteristiche.

Alla lunga si finiscono per dare per scontati fatti, teorie, interpretazioni che invece andrebbero vagliati e verificati con maggiore attenzione.

Con questo meccanismo ha buon gioco chiunque abbia i mezzi, le capacità e la (cattiva) volontà di far circolare informazioni e messaggi slegati dalla realtà ma strumentali ai fini di una certa narrazione che si voglia far sedimentare nella pubblica opinione.

Bene, ma come difendersi dalla quotidiana infornata di false verità, vere falsità, mezze verità che ci raggiunge attraverso internet e i canali di informazione più tradizionali?

A mio avviso la strada maestra resta quella dello studio, del confronto, del non appiattirsi sulla prima impressione. Occorre coltivare il dubbio, aderire insomma idealmente a quella società degli Apoti (coloro che non la bevono) teorizzata un secolo fa da Giuseppe Prezzolini, perché nel nostro piccolo siamo fin troppo facilmente “indirizzabili” e influenzabili, se manca il supporto di una adeguata formazione e preparazione.

Al filosofo del dodicesimo secolo Bernardo di Chartres è attribuita la felice metafora secondo cui “siamo nani sulle spalle dei giganti”. Il gigante è rappresentato dal sapere, dalle conoscenze acquisite, dalle scoperte di chi ci ha preceduto. Noi, nani, non sapremmo vedere molto lontano, ma se riusciamo a far tesoro dei giganti che ci hanno preceduto, a salire sulle loro spalle insomma, possiamo cercare di evitare che la nostra ignoranza naturale venga sopraffatta da ogni forma nefasta di intelligenza artificiale.

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