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N. 9 / 2025

Emergenza sanitaria in Italia presentato l’8° rapporto della fondazione Gimbe

Alla sanità 13,1 miliardi in meno in 3 anni mentre si rafforza la spesa sanitaria privata (+ 137%). A carico delle famiglie 41,3 miliardi e un italiano su 10 rinuncia a curarsi.

di Brunella Trifilio •

L’8 ottobre 2025, presso la Sala della Regina della Camera dei Deputati, è stato presentato l’8° Rapporto della Fondazione GIMBE sul Servizio Sanitario Nazionale. Lo “stato di salute” del Servizio Sanitario Pubblico traspare, in tutta la sua evidenza, dai dati riportati nel documento. Ai numeri riguardanti il Servizio Sanitario Nazionale, si aggiungono le riflessioni d’apertura del Presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, alla presentazione del Rapporto: «Siamo testimoni di un lento ma inesorabile smantellamento del Servizio Sanitario Nazionale, che spiana inevitabilmente la strada a interessi privati di ogni forma. Continuare a distogliere lo sguardo significa condannare milioni di persone a rinunciare non solo alle cure, ma a un diritto fondamentale: quello alla salute.

Da anni i Governi, di ogni colore politico, promettono di difendere il Servizio Sanitario Nazionale, ma nessuno ha mai avuto la visione e la determinazione necessarie per rilanciarlo con adeguate risorse e riforme strutturali. Le drammatiche conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: aumento delle disuguaglianze, famiglie schiacciate da spese insostenibili, cittadini costretti a rinunciare a prestazioni sanitarie, personale sempre più demotivato che abbandona la sanità pubblica. È la lenta agonia di un bene comune che rischia di trasformarsi in un privilegio per pochi».

I numeri dell’8° Rapporto Gimbe, descrivono uno scenario alquanto problematico: il divario tra la spesa sanitaria pubblica pro capite rispetto alla media dei Paesi OCSE che sono membri dell’Unione Europea (727 euro); i 5,8 milioni circa di cittadini che, nel corso del 2023, hanno rinunciato a curarsi (di cui 3,1 milioni per motivi economici); la crisi motivazionale del personale sanitario che tende ad abbandonare il Servizio Sanitario Nazionale; il sovraffollamento dei Pronto soccorso e le lunghe liste d’attesa per accedere all’assistenza sanitaria; le differenze nella qualità dei servizi sanitari e assistenziali a livello territoriale, con un Sud che ne paga le maggiori conseguenze; la migrazione sanitaria, come inevitabile effetto delle inefficienze di alcuni territori.

Di fronte a tali evidenze, emerge l’urgenza di un rilancio della Sanità pubblica nell’interesse di tutta la popolazione, ma con una maggiore attenzione alle fasce socio-economiche più deboli, ai fragili, a chi vive in alcune aree del Mezzogiorno. Un rilancio che punti al rafforzamento della Sanita pubblica, all’innovazione, all’eliminazione delle differenze territoriali e degli eventuali sprechi. Un rilancio, efficace ed efficiente, ma sempre guidato dai principi fondanti del Servizio Sanitario Nazionale (universalismo, equità, uguaglianza). L’organizzazione della Sanità pubblica, quale pilastro della democrazia, non ammette differenze territoriali, reddituali, personali. Intervenire su queste eventuali differenze come sulle possibili disfunzioni del Servizio Sanitario Nazionale – che impediscano alle persone di curarsi o complichino il loro accesso alle cure – è un dovere dei governanti al quale deve corrispondere piena consapevolezza (del proprio diritto alla salute) da parte di tutti i cittadini. Se la Sanità pubblica è un valore democratico irrinunciabile per tutti, non si può rinunciare a una presa di coscienza collettiva sul diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione. Ogni cittadino è chiamato a fare la sua parte perché un diritto così importante, forte indicatore del livello di civiltà di un popolo e delle sue conquiste democratiche, sia preservato nel presente e tramandato alle future generazioni.

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