di Mario Caspani •
Il 1° luglio 2003 nasceva il gruppo BPU (Banche Popolari Unite), con la forma di società cooperativa a responsabilità limitata (BPU appunto). La capogruppo controllava alcune banche rete in forma di Spa (Popolare di Bergamo, Popolare di Ancona, Popolare Commercio e Industria – che in tale occasione assorbì la Popolare Luino e Varese – e Carime).
Dopo un anno abbondante di rodaggio, a ottobre del 2004 le banche rete del gruppo adottarono un diverso assetto distributivo con la segmentazione della clientela in tre macroaree (retail, private e corporate).
Per cementare lo spirito di gruppo (ce n’era bisogno), circa un anno dopo la direzione ebbe l’idea di una convention che, una volta tanto, non venne riservata al personale di rete (direttori di filiale e addetti commerciali) i quali, peraltro, beneficiavano periodicamente di altri viaggi “incentive” offerti da varie società prodotto (sicav, fondi, assicurazioni) in base ai volumi di vendita realizzati. Furono invece invitati a partecipare tutti gli addetti delle strutture direttive, centrali e periferiche.
Dal 19 al 22 gennaio 2006 partecipai quindi al primo e ultimo viaggio “incentive” della mia vita lavorativa bancaria. Con quasi 500 colleghi, trascorsi un weekend ai confini del circolo polare artico in Svezia, vicino a Lulea, tra attività turistiche (al mattino) e congressuali (al pomeriggio), in una grossa struttura alberghiera/residenziale, dotata di un centro congressi di notevole capienza.
A sorpresa, dopo la cena dell’ultima serata, ci invitarono a tornare in auditorium. Sul palco ci aspettavano, insieme al responsabile del personale e al direttore commerciale dell’epoca, gli ospiti speciali della serata, vale a dire il comico Enrico Bertolino con la statuaria showgirl Natasha Stefanenko, le cui presenze erano state tenute ben nascoste fino ad allora.
Lo “one man show” di Bertolino durò una mezzoretta, con tante battute e storielle tratte dal suo repertorio di comico ed ex bancario pentito, quindi abbastanza pertinenti al nostro vissuto quotidiano.
Ma l’inizio fu fulminante. Rivolgendosi ai vertici del gruppo presenti, il comico chiese loro “per cominciare ditemi, ma di chi è stata la bella idea di chiamarvi BPU? La prima cosa che mi fa venire in mente la sigla è… Bella Puttanata Unirsi, dico bene?”
Beh, come show per cementare lo spirito di appartenenza niente male, no?
Risate a denti stretti dei vertici e a ganasce aperte da parte di tutti gli altri. In fin dei conti ai giullari anche i sovrani concedevano di dire ciò che tanti pensano ma non osano o non possono manifestare.
Poco più di un anno dopo, il 1° aprile 2007, BPU si fondeva con il gruppo Banca Lombarda dando vita ad UBI Banca, sempre informa di s.c.r.l.. Le banche rete, per effetto della fusione, salirono a 8 (si aggiunsero Banco di Brescia, BRE, Banca Valle Camonica e Banco S. Giorgio).
Non so quale think tank di advisor o specialisti di immagine consigliò il nome UBI ma, come vedremo, fu una scelta lungimirante.
Da allora niente più megaconvention all’estero, ma numerose in Italia. Comici banditi (non si sa mai che cosa possano dire), al massimo qualche giornalista di grido a fare da “presentatore” e partecipanti scelti tra dirigenti centrali e direttori di filiale. Sfarzo lustrini e paillettes in progressiva diminuzione a partire dal post crisi Lehman e per gli anni a seguire, in parallelo con il crescente calo (ossimoro subdolo e voluto) della redditività.
Nel frattempo UBI aderì celerissimamente al diktat del governo Renzi (gennaio 2015) e a ottobre dello stesso anno si trasformò in società per azioni.
Tra il 2016 e il 2017 le banche rete vennero fuse nella capogruppo UBI Banca. Una mossa sensata, data l’antieconomicità di tale struttura, c’era semmai da chiedersi come mai non ci si fosse arrivati prima, ma questo è un altro tema.
E qui si materializzò la prima profezia insita nel nome UBI: ubi maior minor cessat, appunto.
Ma il “maior” di UBI, se poteva fare la voce grossa con le società controllate nulla poté, pochi anni dopo, contro lo stesso principio latino, travestito in opa ostile da un altro “maior”, Intesa Sanpaolo.
Vista col senno di poi, la sorte di UBI era quindi già scritta nella sua denominazione, viene da dire, sempre rimanendo al latino, nomen omen, il destino sta nel nome.
Nelle pentole della finanza nostrana una triste fine da spezzatino sull’asse Torino/Milano-Bologna per la nostra UBI, spirata in giovane età con tutto il suo carico di antiche e più o meno gloriose ascendenze.
E chissà come si dice spezzatino in latino.