info@alpluraleonline.it

Al Plurale Online

6° CONGRESSO UNISIN

Chianciano Terme, 25 maggio 2022

l 25 maggio a Chianciano Terme si è concluso il sesto congresso nazionale di Unisin, con la riconferma di Emilio Contrasto nel ruolo di Segretario Generale.
La relazione di Emilio Contrasto, si è aperta con il pensiero al terribile conflitto che, in questi giorni, si sta svolgendo in Ucraina e soprattutto con il rammarico per le migliaia di vittime che soccombono di fronte alla brutalità della guerra. Gli scopi di questa guerra insensata, ha ricordato Contrasto nella sua relazione, “nulla hanno a che vedere con quanto siamo orgogliosi di rappresentare come sindacato dei lavoratori che si occupa del benessere di chi produce ricchezza senza dimenticare l’insostituibile valore della solidarietà.” “Ci preme auspicare ed invocare la pace e che l’Ucraina e gli Ucraini possano vivere liberi.”

RELAZIONE DELLA SEGRETERIA NAZIONALE PRESENTATA DAL SEGRETARIO GENERALE EMILIO CONTRASTO

DIRITTI, TUTELE, PROSPETTIVE PER AFFRONTARE LE SFIDE DEL FUTURO. ETICA, EQUITÀ E PROFESSIONALITÀ DEL LAVORO BANCARIO NELL’EPOCA DELLA TRANSIZIONE DIGITALE

Dopo oltre 75 anni di pace in Europa, da alcuni mesi il cuore del vecchio continente è falcidiato da una guerra che riporta alla memoria atroci ricordi che avremmo voluto tutti lasciarci definitivamente alle spalle e non essere costretti a rivivere. Non entriamo, in questa sede, nel merito di sterili dissertazioni sulle responsabilità e sulle scelte dei vari attori protagonisti, in prima linea o nelle retrovie, di questa drammatica vicenda, poiché si aprirebbe un dibattito, non utile, ove ognuno potrebbe esprimere certamente la propria opinione senza poter incidere concretamente sulle “derive” che ci hanno, purtroppo, portato a vedere ancora il sacrificio di giovani vite, quelle stesse vite che dovrebbero rappresentare il futuro dell’umanità, il nostro futuro, per scopi che nulla hanno a che vedere con quanto invece siamo orgogliosi di rappresentare come Sindacato dei lavoratori che si occupa del benessere di chi produce ricchezza senza dimenticare l’insostituibile valore della solidarietà. Difficile coniugare, pertanto, quanto di buono l’Europa ha inteso progettare con il NextGenerationEU con la terribile conta di migliaia di giovani che perdono la vita. In poche settimane, nei Paesi interessati dalla guerra, stanno tragicamente scomparendo intere generazioni e sperando che il conflitto non finisca anche per coinvolgere il resto dell’umanità. Ci preme auspicare ed invocare la pace e che l’Ucraina e gli Ucraini possano vivere liberi. L’autodeterminazione dei popoli è un principio in cui crediamo fermamente e che deve orientare anche la ricerca delle soluzioni migliori per le zone contese, così come non intendiamo commettere il facile errore di dimenticare come nel mondo – ancora in questi giorni, ancora molti e sempre troppi – teatri di guerra, di vario genere ed intensità sono aperti e i morti ed i rifugiati si contano a milioni e questo è intollerabile. L’aspetto umanitario resta, quindi, centrale e chi fugge dalla guerra ha diritto ad essere accolto, sempre e comunque. Justin Trudeau, primo ministro del Canada, ha detto: “crediamo nella democrazia, nella trasparenza e nello stato di diritto, nei diritti dell’uomo, nell’inclusione e nella collaborazione”. Ci riconosciamo in pieno in tale affermazione.

Il nostro Settore – Organizzazioni sindacali e Associazione delle Banche insieme – ha sempre saputo attrezzarsi e attraverso costanti e concrete iniziative, che hanno visto il contributo dei Colleghi e delle Banche, mediante – in particolare – l’opera del nostro Ente bilaterale PROSOLIDAR, è stato ed è concretamente presente per supportare popolazioni e Istituzioni in moltissime crisi umanitarie in tutto il pianeta. Tra queste iniziative ricordiamo, a titolo meramente esemplificativo, la realizzazione dell’ospedale di chirurgia pediatrica in Uganda per EMERGENCY, del quale PROSOLIDAR è il primo finanziatore privato; il sostegno alla cooperativa sociale onlus CABAU a supporto dei bambini autistici; il contributo economico all’associazione APEIRON in Nepal a sostegno delle donne che hanno subito violenze; l’acquisto di un pulmino donato alla “COMUNITA’ VENEZIA” a disposizione dei bambini delle Favelas in Brasile; l’iniziativa 10 euro per l’Ucraina. Naturalmente, le conseguenze economiche e finanziarie della guerra non possono passare inosservate in un contesto come il nostro. È noto come le spirali inflazionistiche, che già iniziavano ad alimentarsi, abbiano subito una drastica accelerazione, soprattutto a causa dell’incremento dei prezzi delle fonti energetiche di cui la Russia è tra i principali produttori ed esportatori al mondo, così come è evidente che le sanzioni generino anche reazioni da parte di chi le subisce ed effetti collaterali di vario tipo. A tutto ciò dobbiamo rispondere e provvedere anche noi, insieme ed unitamente alle altre forze sindacali del Settore, perché la tutela del potere d’acquisto passa, innanzitutto, attraverso una valida contrattazione nazionale e, a seguire, attraverso la contrattazione di secondo livello nei gruppi e nelle aziende. Ma sul punto torneremo più avanti. Tutto ciò irrompe nel mentre si iniziava ad intravedere qualche speranza, dopo oltre due anni di pandemia, di uscire dall’emergenza sanitaria che ha sconvolto le certezze, le abitudini ed il modo di vivere e di lavorare a livello planetario. Da un’emergenza, quella sanitaria, all’altra, quella bellica ed umanitaria, non dobbiamo perdere la speranza e dobbiamo agire per contribuire a restituire un presente ed un futuro di pace e di prosperità alle prossime generazioni. Intanto, lo stato d’emergenza è terminato e, seppur con tutte le doverose cautele, ritorneremo ad una normalità che inevitabilmente sarà una nuova normalità. È fuor di dubbio, infatti, che la pandemia e gli oltre due anni caratterizzati da un lungo e, fino ad allora impensabile lockdown, da isolamenti, distanziamenti, mascherine, restrizioni e zone di vario colore, lasceranno in tutti noi tracce indelebili. Non potremo mai più abbassare la guardia e dovremo convivere con la consapevolezza che ciò che è accaduto potrà nuovamente succedere così come dovremo continuare ad attuare comportamenti virtuosi, indipendentemente dal mantenimento dello stato emergenziale, per contrastare una minaccia che resta fortemente e pericolosamente presente tra noi. Anche col senno di poi, siamo convinti di poter affermare che, come Organizzazioni sindacali del Settore, insieme ad ABI, abbiamo sin qui gestito l’emergenza in modo responsabile e virtuoso, con la determinazione di voler assicurare, ai colleghi ed alla clientela, la massima tutela e le più ampie misure di sicurezza. Dopo una prima, difficile fase in cui le banche, intese sia come erogatrici di servizi che come luoghi di lavoro, sono state travolte dall’epidemia e si sono trovate seriamente in difficoltà nell’approvvigionamento anche delle più immediate ed elementari misure di protezione, grazie al confronto costante, abbiamo adottato diversi protocolli che hanno garantito non solo l’applicazione delle misure previste dai vari decreti governativi ma sempre e costantemente qualche accorgimento ulteriore che consentisse al Settore – che, in quanto servizio pubblico essenziale, al pari di pochi altri, non si è mai fermato – di poter continuare ad operare in condizioni di diffusa protezione.

Va, infatti, ricordato che il Settore del credito ha sempre continuato ad operare al servizio del Paese e della cittadinanza, delle imprese e degli operatori economici, anche quando l’Italia ed il mondo si sono fermati.

E se molti dei nostri colleghi hanno potuto trovare rifugio in quella forma emergenziale di remotizzazione del lavoro impropriamente definita smart working (di cui parleremo fra poco), moltissimi altri hanno stoicamente continuato a recarsi in presenza, soprattutto in filiale, a contatto diretto col pubblico, per assicurare i servizi bancari. A tal proposito riteniamo indispensabile rivolgere il nostro ricordo ai colleghi, purtroppo tanti, che sono morti a causa della pandemia.

Ma questo processo virtuoso, questo confronto costruttivo, la ricerca delle migliori tutele non può e non deve arrestarsi! Dobbiamo continuare ad avere la capacità ed il coraggio di ricercare e prevedere le migliori misure di tutela per colleghi e clientela e non ridurci ad essere meri applicatori di norme e discipline individuate in ambito generale. Nei gruppi e nelle aziende si sono registrate modalità diverse di gestione dell’emergenza e l’adozione delle varie misure non sempre è proceduta in maniera omogena. In tutti i casi, però, i Sindacati, così come i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, hanno svolto un ruolo fondamentale di stimolo, di vigilanza, di suggerimento e hanno condiviso con senso di responsabilità le scelte necessarie a proteggere la salute. Non sono mancate difficoltà con la clientela: situazioni critiche in cui l’esasperazione di alcuni ha portato a scagliarsi contro le regole e, cosa che con troppa frequenza si registra, contro i Lavoratori delle banche colpevoli solo di adempiere con professionalità ai propri doveri. Su tale aspetto, va denunciato che episodi intollerabili di aggressioni, minacce, offese si sono verificati in tante città e per diverse situazioni (ad esempio nei casi di banche in default): gli incolpevoli colleghi, che ci mettono la faccia, si sono trovati ad essere bersaglio della rabbia di alcuni, fortunatamente – va riconosciuto – una esigua minoranza. Ma tutto ciò non dovrà più accadere e su questo, come rappresentanti dei lavoratori, dobbiamo essere inflessibili, pretendendo che le responsabilità siano chiaramente individuate in capo a chi effettivamente le detiene e battendoci per opportune precauzioni a tutela di chi lavora a contatto col pubblico.

Abbiamo accennato allo smart working: oramai dovrebbe essere chiaro a tutti che quello adottato durante la pandemia, il cosiddetto smart working emergenziale, in realtà è altro. Come chiarito dall’INAIL già nel corso del 2020, la forma di remotizzazione del lavoro a cui si è fatto massicciamente ricorso in via emergenziale è un ibrido tra il telelavoro ed il lavoro agile, in quanto presenta caratteristiche dell’uno e dell’altro ma non è pienamente né l’uno, né l’altro. In questa sede, è bene ricordare, come la prima disciplina normativa del telelavoro nel nostro ordinamento risale addirittura al 1998 e che nel contratto nazionale del credito esso è disciplinato da svariati anni. Il lavoro agile, o smart working – anche questo va ribadito – ha trovato nell’ordinamento giuslavoristico italiano una sua disciplina nel 2017 e, in quel momento, già numerosi erano gli accordi nei gruppi e nelle banche che introducevano questa forma di lavoro caratterizzata dall’alternanza tra la presenza in azienda ed il lavoro da casa (o altri luoghi nella disponibilità del lavoratore). L’esplosione della pandemia, dunque, ha fortemente incrementato il ricorso a forme di remotizzazione del lavoro come misura di contrasto al rischio di diffusione del contagio ma anche come mezzo per consentire alle banche – come ad altre Aziende / Enti – di non fermare la propria attività. Seppur caratterizzato dagli elementi introdotti dalla normativa emergenziale, il ricorso massiccio al lavoro da remoto è stato possibile grazie al fatto che anche in questo campo il nostro Settore si era mosso con abbondante anticipo, come storicamente peraltro avvenuto in varie occasioni (si pensi, tra le altre cose, alla diffusione della previdenza complementare, ai fondi di solidarietà, alle varie forme di welfare aziendale, alla sanità integrativa). In questo scenario, altrettanto importante e tempestivo è stato il fatto che in occasione del rinnovo del CCNL del 19 dicembre 2019 abbiamo introdotto una disciplina organica del lavoro agile per assicurare omogeneità nel Settore ed ancorare ad alcuni importanti criteri di fondo le esperienze che si erano andate sviluppando a livello aziendale e di gruppo. Ciò avveniva a circa due mesi dall’esplosione della pandemia e dalla chiusura del Paese mediante un ferreo lockdown. Possiamo, dunque, affermare che le Organizzazioni sindacali del Settore, pur nell’assoluta inconsapevolezza di cosa sarebbe accaduto dopo poche settimane, con la propria capacità di anticipare e precorrere i tempi, avendo trovato anche una controparte altrettanto lungimirante, sono state ancora una volta determinanti e decisive per garantire che il ricorso alla remotizzazione del lavoro avvenisse in un contesto già allenato e preparato. Certo, è evidente che la pandemia abbia portato una accelerazione ed una intensificazione nel ricorso al lavoro da remoto che adesso bisognerà governare, innanzitutto facendolo rientrare nei crismi classici definiti dalle specifiche forme adottate (lavoro agile o telelavoro) e bilanciando gli interessi delle aziende ed i vantaggi che ne conseguono con i benefici e le ricadute sui lavoratori. Il tema della riduzione dei costi di cui beneficiano le aziende grazie all’intensivo ricorso al lavoro agile, anche nella modalità ordinaria, è di rilevante attualità e va affrontato: sia perché una parte di questi costi, di fatto, è traslata sugli smart workers, i quali – seppur in alcune circostanze potrebbero, a loro volta, beneficiare di un contenimento dei costi, ad esempio, di viaggio (si pensi ai pendolari) – in generale sopportano in sostituzione del datore di lavoro tutta una serie di altri costi, ad esempio quelli “energetici” (ed il tema dell’incremento del costo dell’energia e dell’approvvigionamento delle varie fonti energetiche è drammaticamente attuale, come noto) e quelli relativi all’adeguamento della propria postazione di lavoro alle normative sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

6 congresso Unisin – sala

C’è, poi, il tema dei buoni pasto che, ancora nella maggioranza dei casi, le aziende non riconoscono e anche su questo bisogna intervenire. Altre questioni sensibili sono l’andamento della produttività ed il controllo a distanza: la produttività incrementa? Bene! Ma non si può prescindere da un attento monitoraggio di eventuali ore di lavoro supplementare non censite e, dunque, non retribuite.
Stessa attenzione va rivolta al tema dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori: il ricorso al lavoro agile non può essere motivo per pretendere, da parte delle aziende, controlli a distanza indebiti e lesivi della dignità di chi lavora. Non si può correre il rischio – e qui mi rivolgo in particolare agli Organismi sindacali aziendali ed alle Rappresentanze Sindacali Aziendali, competenti per legge sulla materia – di abbassare la guardia e concedere – pur di garantire, magari, ai colleghi un comunque agognato lavoro agile – delle forme di controllo e di monitoraggio invasive durante lo svolgimento del lavoro. Questo è un principio di dignità non barattabile. Anche perché gli “effetti collaterali” dello smart working, a lungo andare, si faranno sentire anche su chi oggi, comprensibilmente da un certo punto di vista, desidera lavorare da casa qualche giorno in più al mese. Il lavoro agile deve assolutamente restare una opzione per il lavoratore e non deve diventare uno strumento di cui l’azienda possa disporre a proprio piacimento. È e deve essere una modalità di svolgimento del lavoro subordinato che, caratterizzandosi per l’alternanza tra presenza in sede e in altro luogo nella disponibilità del lavoratore, assicuri una migliore conciliazione tra esigenze e tempi di vita e di lavoro, contribuendo, così, ad un incremento reale della produttività. Occorre, altresì, non dimenticare che il nostro Paese sta invecchiando e che il contatto fisico, la presenza sui territori, il rapporto diretto e fiduciario tra bancari e clienti sono stati fondamentali per superare le peggiori crisi economiche e sociali verificatesi negli ultimi anni e per svolgere al meglio il nostro lavoro. Nessuno può assumersi la responsabilità di non valutare la nostra natura, nessuno può fare un errore così clamoroso nel dimenticare chi siamo (come Italiani) e da dove veniamo. Le previsioni del contratto nazionale devono quindi restare centrali nella disciplina normativa dell’istituto che deve sempre essere ispirato al principio irrinunciabile della volontarietà. Nessuno dovrà essere obbligato a ricorrere allo smart working, così come esso non può essere utilizzato come soluzione alla chiusura di sedi o al ridimensionamento delle stesse da parte delle aziende. In siffatti casi, le soluzioni devono sempre essere individuate di concerto con le Organizzazioni sindacali aziendali attraverso un confronto costruttivo all’interno, sempre, delle regole della contrattazione nazionale. Si potrà sicuramente agire, anche alla luce dell’esperienza degli ultimi due anni, per adeguare le norme generali, come ad esempio si potrebbe intervenire sulla percentuale di lavoratori che, sempre su base esclusivamente volontaria, possono accedere al lavoro agile, su quanti potranno farlo in contestualità, sull’individuazione delle attività remotizzabili e su quanta presenza in loco garantire, ma gli eventuali adattamenti derivanti dalla contrattazione di secondo livello dovranno necessariamente essere coerenti con la disciplina di Settore. Quest’ultima, ribadiamo, deve rappresentare sempre e comunque il principio cardine su cui continuare a gestire le relazioni industriali nel Settore. Sempre con l’ultimo rinnovo del CCNL, come noto, riuscimmo a disciplinare il diritto alla disconnessione: il rispetto degli orari di lavoro e, soprattutto, la tutela dei tempi di vita privata sono prioritari. Ancora molto c’è da fare per rendere effettivo questo diritto e, forse, una riflessione seria andrebbe fatta sull’adozione di misure e strumenti che ne garantiscano il rispetto, come, a mero titolo di esempio, inibire il funzionamento di alcuni strumenti di lavoro e l’invio di mail e messaggi oltre il termine dell’orario di servizio, salvo ovviamente i casi di lavoro straordinario o supplementare autorizzato e censito.

È evidente a tutti come la capacità di risposta delle aziende in termini di prontissimo ricorso al lavoro da remoto durante la pandemia sia stata resa possibile dalla trasformazione digitale che da alcuni anni stiamo attraversando e che, soprattutto nel nostro comparto, stiamo vivendo sulla nostra pelle. Il nostro lavoro di bancari sta cambiando a ritmi forsennati. Per effetto della digitalizzazione e dell’avvento della cosiddetta fintech, ma non solo per questi motivi, le figure professionali che conosciamo da decenni stanno cambiando rapidamente e di nuove ne nasceranno. Tutelare le professionalità esistenti e disciplinare le nuove deve essere un faro per tutti noi. Le professionalità maggiormente richieste saranno, infatti, probabilmente sempre più di altra natura rispetto a quelle tradizionali. Insomma, una marea che rischiava e rischia di travolgerci se, come Organizzazioni sindacali non ci fossimo fatte trovare pronte e se, soprattutto, non continueremo ad esserlo. Lungimiranza l’abbiamo avuta, infatti, introducendo nel CCNL 2019 la cosiddetta “cabina di regia” che proprio sugli effetti della transizione digitale, in particolare in riferimento alle figure professionali e, conseguentemente, alle ricadute in termini di sistemi inquadramentali, è chiamata a vigilare attivamente. Adesso bisogna proseguire senza sosta in questa direzione se vogliamo avere l’ambizione, secondo noi doverosa, di governare i fenomeni di transizione ed il cambiamento, soprattutto quando si presentano, come in questo caso, come epocali.

La risposta a questa necessità non può che, ancora una volta, trovarsi nella Contrattazione Collettiva Nazionale di Settore.

È, infatti, di tutta evidenza come, anche su tali temi, ci sia sempre più assoluta necessità di una forte cornice normativa generale a livello di Settore alla quale, nei gruppi e nelle aziende, ci si dovrà ancorare per assicurare il giusto equilibrio tra specificità dei contesti produttivi e universalità delle norme e dei trattamenti generali. Questo sono chiamate a fare unitariamente le Segreterie Nazionali delle cinque Organizzazioni e l’ABI, il cui ruolo diventa sempre più centrale se vogliamo che il Settore mantenga quel livello di organicità necessario a considerarlo tale. Il contratto nazionale deve individuare dei modelli e dei processi generali che assicurino un’adeguata tutela per i lavoratori, per la loro competenza espressa ed acquisita nel tempo, per la loro professionalità, che non può semplicisticamente essere ritenuta “obsoleta” rispetto alle nuove esigenze imposte dalla rivoluzione tecnologica e dalla transizione digitale in atto ma va salvaguardata e valorizzata attraverso la formazione permanente e idonei percorsi di riconversione nei nuovi modelli organizzativi e nel rinnovato processo produttivo. Il contratto nazionale non deve quindi inseguire i cambiamenti introdotti nei piani industriali dei singoli gruppi ma deve a monte governare il cambiamento. Definito il perimetro, la “cabina di regia”, a sua volta, non può essere confinata ad un’opera di supervisione e di osservazione dei cambiamenti in atto ma deve poter intervenire preventivamente e avere un ruolo attivo sui nuovi modelli organizzativi e distributivi, indirizzare le scelte che impattano sulle figure professionali e sul modo di svolgere l’attività bancaria. Ad un contratto nazionale forte deve e può corrispondere una contrattazione di secondo livello altrettanto forte per le materie ad essa demandate e per il necessario adattamento della normativa generale alla specifica realtà aziendale. Un diverso bilanciamento tra i due livelli sarebbe dannoso: non si può pensare, infatti, di assicurare e di mantenere adeguati livelli di protezione del potere d’acquisto e di tutela normativa con un contratto nazionale debole, destrutturato, svuotato di contenuti al quale ci si illuderebbe di far da bilanciamento con una contrattazione forte nei gruppi e nelle aziende. I vantaggi sarebbero tutti a favore della parte datoriale e le nostre energie sarebbero spese a cercare di contenere e, se va bene, a recuperare a livello aziendale, le perdite che subiremmo a livello di Settore. È per questo che non bisogna cedere alla retorica del decentramento spinto e che i Coordinamenti aziendali e di gruppo devono agire in sintonia con le Segreterie Nazionali per avere una contrattazione forte a tutti i livelli. È così che, nei decenni, il nostro Settore è progredito sul piano della cultura sindacale, sulle tutele normative ed economiche ed è diventato un Settore all’avanguardia, con i livelli di rappresentatività e di sindacalizzazione tra i più alti a livello europeo. Non ci possiamo permettere arretramenti e, anzi, dobbiamo rilanciare sin da subito l’azione unitaria per il rinnovo del Contratto Nazionale, unico modo per governare i processi di cambiamento e provare ad anticipare le tendenze prossime.

La indiscussa qualità delle relazioni industriali nel nostro Settore si fonda anche nella continua ricerca di soluzioni e percorsi condivisi tra le cinque Organizzazioni rappresentative nella piena consapevolezza che l’unità del tavolo e la compattezza dell’azione sindacale rappresentino il vero baluardo a tutela del lavoro. Un sentito ringraziamento ai Segretari Generali ed alle altre Organizzazioni che, con UNISIN, hanno sempre convintamente sostenuto tale agire. UNISIN resta saldamente vincolata a tale azione. Negli ultimi anni abbiamo assistito a casi di crisi di istituti bancari, in cui tra i fattori del salvataggio in nome della tutela dei posti di lavoro e dei risparmi della clientela, possiamo annoverare la mano pubblica (talvolta diretta come nel caso del Monte dei Paschi di Siena, talvolta indiretta, come nel caso della Banca Popolare di Bari, altre volte ancora con appositi interventi normativi) ma soprattutto il concreto e fattivo intervento del Settore (attraverso, ad esempio, il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi e l’acquisizione da parte di Banche sane di realtà in crisi) e delle Organizzazioni sindacali. Decisivo, infatti, in tutti i casi, è stato il contributo responsabile dei Sindacati per individuare le azioni e le misure, anche richiamate ad un necessario spirito di sacrificio, per risollevare le sorti di tali aziende e rilanciarne l’azione affinché un futuro stabile potesse essere garantito a chi vi lavora.

Anche in tutti questi casi, il ruolo delle Organizzazioni sindacali ed il senso di responsabilità dei lavoratori sono stati determinanti per la salvaguardia dell’occupazione e per la tutela degli interessi della clientela. Non sono, poi, mancati casi che hanno fatto scandalo come la questione diamanti o le operazioni cosiddette “baciate” (pratica mediante la quale alcune banche hanno condotto la clientela all’acquisto delle proprie azioni, fornendo loro a tal fine la necessaria provvista mediante finanziamenti ad hoc), nelle quali non solo i lavoratori sono stati anch’essi spesso vittime di tali riprovevoli comportamenti gestionali finalizzati alla massimizzazione del profitto ma si sono trovati a fronteggiare, sovente nelle aule dei tribunali, responsabilità ascrivibili solo a scelte manageriali. Nostro compito è tutelare questi lavoratori, nei luoghi di lavoro ma anche nella gestione delle conseguenze di tali situazioni non imputabili a loro.

Ancora non totalmente risolte sono alcune di queste crisi: Monte dei Paschi di Siena che attende da anni il nuovo piano industriale, volto al definitivo superamento della crisi ed al rilancio della più antica banca del mondo, pur non avendo ancora mai visto attuato pienamente il vecchio e che vede ancora il Ministero dell’Economia e delle Finanze come principale azionista. Sempre su MPS occorre ricordare che l’ipotesi di acquisizione da parte di Unicredit è sfumata quando era giunta quasi al traguardo e la recente decisione della Corte di Appello di Milano che ha assolto gli ex vertici della banca dalle accuse loro rivolte. Ancora una volta, alla fine, a pagare, per colpe non loro, sono stati le lavoratrici ed i lavoratori del Gruppo, la clientela e l’intera collettività che si è fatta carico, attraverso il MEF, di ripianare le voragini causate dalle passate gestioni; Banca Popolare di Bari, oggi integrata nel Gruppo MCC Medio Credito Centrale, soffre ancora e noi continuiamo a ritenere che il progetto di “Banca del Mezzogiorno” – che caratterizzava l’operazione di salvataggio operata con l’apposito decreto e assicurata anche da un delicato quanto duro accordo sindacale – vada portato avanti per non vanificare il sacrificio fatto dai lavoratori. Anche in questo caso, va ricordato, è stato determinante il coinvolgimento delle Segreterie Nazionali e Generali per individuare una soluzione che, seppur sofferta, ha consentito di guardare avanti; su CA.RI.GE., la recente acquisizione da parte della Banca Popolare dell’Emilia-Romagna dovrebbe finalmente lasciare definitivamente alle spalle la crisi. Anche i processi di aggregazione sono ripartiti, oramai circa due anni fa, con l’offerta pubblica di acquisto e scambio di Intesa Sanpaolo su UBI ed il contestuale conferimento di oltre 500 filiali a BPER e a Banca Popolare di Puglia e Basilicata: ancora una volta, il ruolo delle Organizzazioni sindacali, con i vari livelli coinvolti, è stato determinante per la buona riuscita dei processi di armonizzazione che in questi casi si rendono necessari. Quello che nel gergo giornalistico è definito “risiko bancario” resta evidentemente in atto. Dopo il nulla di fatto di UNICREDIT/MPS, un lampo è stato rappresentato dall’acquisizione del Creval da parte di Credit Agricole Italia e proprio l’azienda francese, nelle settimane scorse, si è mossa con importanti acquisizioni azionarie sul Banco BPM. È evidente come a tutto ciò abbia contribuito anche la riforma delle Popolari che ha forzato ed accelerato il processo di consolidamento che incontra ancora qualche residua resistenza.

Essenziale è, altresì, continuare a garantire il ricambio generazione tra i lavoratori che scelgono di uscire dal processo produttivo ed i nuovi ingressi di forze giovani che dovranno prenderne il posto. Il nostro Settore, anche in questo ambito, ha individuato strumenti e regole che permettono il turnover e il rinnovamento del comparto, facendosene carico in termini economici (ad esempio, il fondo di sostegno al reddito ed il fondo per l’occupazione). Tali strumenti devono essere confermati e restare gli unici utilizzabili nel Settore. Resta necessario garantire sempre forme di assunzione stabili, evitando ogni forma di instabilità e/o di precariato e, quindi, senza ricorso a strumenti che riducano le tutele individuate dalla legge, nel contratto nazionale e nella contrattazione di secondo livello. Ci piace, a tal proposito, ricordare che, grazie alle intese definite tra le cinque Organizzazione del Credito, Abi e Gruppi / Aziende oggi il nostro Settore è caratterizzato dalla più alta presenza di contratti di lavoro stabili a livello di sistema economico nazionale, nonché dal fatto di essere l’unico comparto che ha effettuato e continua ad effettuare un numero importante di nuove assunzioni di giovani lavoratori. Anche sulla sicurezza sui luoghi di lavoro occorrerà proseguire nella valutazione dei rischi specifici e nella ricerca delle migliori soluzioni volte alla prevenzione di tutte quelle situazioni che possano arrecare nocumento o pregiudicare la sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro. A partire dal rischio rapina sino ad arrivare alla gestione delle aggressioni, anche fisiche, nei confronti dei colleghi durate questi anni di pandemia o per effetto degli scandali che hanno coinvolto il Settore e dei quali, come detto, gli stessi colleghi sono spesso stati anch’essi vittime. Attenzione a parte, su tale aspetto, occorre darla al tema dello stress da lavoro correlato che in modo subdolo, silenzioso e diffuso colpisce sempre più i colleghi ed i cui effetti emergono anche a distanza di tempo. Un monitoraggio diffuso e capillare di tale fenomeno dovrà rappresentare un must sia per il Sindacato che per le Aziende. Molte sfide dovremo avere l’ambizione di affrontare, come quella della partecipazione dei lavoratori e della valorizzazione del ruolo dei rappresentanti dei lavoratori nella vita delle aziende. Su questo va aperto un dibattito ed un confronto: molti modelli esistono e vanno indagati. Bisogna mettere fine al sistema perverso di socializzazione delle perdite e di privatizzazione dei profitti che si è affermato nella società e nel nostro Settore.

I lavoratori – lo abbiamo visto in numerosi casi ed in tanti gruppi – sono sempre chiamati a fare la propria parte quando si tratta di fare sacrifici per salvare le aziende, salvaguardare l’occupazione, evitare le crisi o venirne fuori. E hanno sempre fatto la propria parte, grazie al contributo attivo e responsabile del Sindacato. Poi, però, allorquando le cose vanno bene, la distribuzione dei profitti premia pressoché esclusivamente gli azionisti ed i più alti livelli del management. E la spartizione di poche briciole è sovente lasciata solo ai contorti meccanismi di incentivazione che, essendo quasi sempre di matrice unilaterale da parte aziendale, tendono a premiare principalmente la produzione commerciale, generando effetti pericolosi in termini di pressioni commerciali e non valorizzando la qualità della prestazione, né il contributo indiretto di tante attività di supporto. Non stiamo, qui ed ora, proponendo dei modelli duali o di cogestione ma, ribadiamo, è l’ora di aprire un tavolo sul tema. Così come è necessario riscoprire e riaffermare il ruolo ed il peso di istituti premianti egualitari e democratici che, per loro natura, assicurano riconoscimento a tutti per il contributo garantito all’affermazione dell’azienda. Non è plausibile, anzi è deleterio a lungo termine, continuare ad avere sistemi incentivanti, premianti, discrezionali che riconoscano, solo ad alcuni ed in misura crescente con il ruolo, premi economici squilibrati rispetto al salario contrattualizzato. Questi meccanismi sono miopi e tendono a focalizzarsi sul solo risultato immediato e di brevissimo periodo, piuttosto che puntare su quelli consolidati e strutturati nel tempo. E troppo spesso, generano situazioni controverse che vanno assolutamente evitate.

Una riflessione della giornalista Carlotta Scozzari, se pur riferita solo ai massimi vertici, può aiutare a riassumere la situazione attuale: nel 2021 gli amministratori delegati dei sei principali Gruppi bancari hanno percepito in tutto oltre 19 milioni, in media 3,17milioni a testa: 54 volte gli stipendi medi dei dipendenti dei gruppi bancari ove lavorano.

Il nostro concetto di equità non vuole certamente non riconoscere le migliori professionalità o compromettere la ricerca ed il reclutamento dei cosiddetti “talenti” ma lo squilibrio retributivo oggi presente non si giustifica e va corretto anche alla luce delle considerazioni sin qui esposte. La professionalità del lavoro del bancario è un dato incontrovertibile e deve essere riconosciuta attraverso un quadro normativo certo e garantista e premiato attraverso un adeguato riconoscimento economico sostanzialmente “a pioggia” che abbatta il differenziale oggi presente tra quanto percepito dalle Aree Professionali e dai Quadri Direttivi rispetto al top management.

È inevitabile, a questo punto, un riferimento alla nota dolente, alla ferita sempre aperta, rappresentata dalle pressioni commerciali e da tutte quelle sollecitazioni indebite, insopportabili, fatte di continui e reiterati richiami alla produzione – spesso con toni inaccettabili, spingendo sempre più in alto l’asticella degli obiettivi – di previsioni di vendita, di agende continuamente controllate e mai sufficientemente piene, di mail, messaggi e telefonate a tutte le ore, non solo del giorno, e di quanto potranno ancora continuare ad inventarsi per stupirci.

Il protocollo del 2017, inserito nell’ultimo CCNL, così come i numerosi accordi in materia nei gruppi e nelle aziende, rappresentano un fondamentale risultato ed una importantissima conquista in termini di affermazione di valori e principi ma non possono essere vanificati o sconfessati da un agire quotidiano, spesso di natura individuale, che, pressoché in tutte le aziende del Settore, vede il malcostume di reiterarsi indisturbato. La commissione di Settore, ad oggi, è stata investita di un solo caso e non ci risulta che le commissioni aziendali e di gruppo riescano ad ottenere risultati più tangibili.

Probabilmente vanno rivisti certi meccanismi ma, soprattutto, bisogna agire sulla cultura manageriale e a questa responsabilità chiamiamo i vertici dell’Associazione delle Banche e delle aziende/gruppi che non possono fingere di non sapere cosa succede quotidianamente o sbalordirsi quando casi eclatanti vengono alla luce. Su questo aspetto, come detto, ABI deve svolgere il suo ruolo e pretendere il rispetto di quelle regole che insieme abbiamo costruito, anche a tutela della reputazione dello stesso Settore.
Ricordiamo, sempre sul tema delle pressioni commerciali, che lo scorso 17 maggio UNISIN, insieme alle altre Organizzazioni del Credito, ha partecipato ad una audizione presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario presieduta dall’onorevole Carla Ruocco. In quella sede, abbiamo ribadito la nostra proposta di affidare ad uno specifico organismo, magari da individuare all’interno delle Banche centrali di ogni singolo Stato, disciplinato a livello europeo per evitare così differenze tra i vari Stati dell’Unione, avente lo scopo di certificare, in modo indipendente rispetto a Banche e altri intermediari, i profili dei clienti (c.d. questionari) redatti in applicazione della normativa MiFID (Markets in Financial Instruments Directive) che, come noto, ha specificatamente il duplice scopo di garantire una maggiore tutela degli investitori ed una migliore trasparenze dei mercati finanziari. È importante, dunque, fare cultura su tanti fronti. Non solo su quello del contrasto alle inutili e dannose pressioni commerciali ma anche su quello dell’educazione finanziaria, su cui il Settore ha iniziato ad impegnarsi da qualche tempo e dove come Sindacato possiamo dare un contributo fondamentale. La clientela, ma diremmo la cittadinanza tutta, deve avere la possibilità di accedere con immediatezza e facilità alle nozioni basilari della finanza per potersi orientare con un maggior livello di consapevolezza tra gli strumenti finanziari che, siamo consapevoli, spesso sono davvero complessi anche per gli stessi addetti ai lavori. Questo processo di familiarizzazione con la materia, necessario a creare le basi per una vera cultura finanziaria, deve iniziare sin dalle scuole e, in questo senso, il Sindacato può anche essere protagonista di un’azione di alto valore educativo e sociale verso la collettività. Le banche devono fare la propria parte e anche su questo fronte il Sindacato ci sarà, per rendere effettivi i principi di finanza etica e di finanza sostenibile che non possono rimanere solo alti valori affermati ma scarsamente praticati. Gli investimenti ESG (Environmental, Social, Governance), così come le misure di rispetto dell’ambiente anche nell’attività quotidiana e sui luoghi di lavoro, devono crescere per rendere realmente sostenibili, sul piano sociale, le politiche di salvaguardia del nostro ambiente a garanzia delle future generazioni. Così come un forte disimpegno, da parte di tutti i gruppi, è necessario nell’azione di finanziamento e di intermediazione della vendita di armamenti. La responsabilità sociale delle banche, insomma, va rafforzata, sviluppata, sostenuta e difesa a tutti i livelli e su tutti i fronti: impatti sociali, miglioramento delle condizioni di lavoro, sostegno del no profit, tutela dell’ambiente, sviluppo delle comunità locali. La finanziarizzazione dell’economia si manifesta sempre più in tutta la propria perversa drammaticità: su questo fronte come Sindacato siamo determinati a continuare a condurre una battaglia a sostegno di un’attività bancaria realmente sostenibile!

Sul tema del legame con i territori non possiamo non rilevare e denunciare ancora una volta come, anche a causa dei processi di concentrazione bancaria da anni in atto, si sia perso e si stia perdendo quell’ancoraggio all’economia reale, quel rapporto col tessuto connettivo del contesto sociale e produttivo in cui la banca opera, che si manifesta in una sempre più spiccata asimmetria tra raccolta ed investimenti sui singoli territori ed è aggravata dal fenomeno di progressiva e continua chiusura di sportelli. L’Italia è il Paese delle piccolissime, piccole e medie (poche) imprese. Intesa Sanpaolo resta il principale datore di lavoro privato del nostro Paese. Lo sviluppo di tale delicatissimo microsistema passa attraverso figure professionali chiave con specifiche capacità in campo finanziario che, molto spesso, le dimensioni contenute delle nostre imprese non permettono di avere al proprio interno. Diventiamo noi, come Settore, tale essenziale strumento di supporto alle nostre aziende ma per far questo non possiamo abbandonare i nostri territori. In questo contesto, particolare attenzione va posta al mezzogiorno. Desertificazione e disintermediazione finanziaria colpiscono in modo ancora più forte quelle aree del nostro Paese che storicamente vivono un divario strutturale in termini sociali, economici e produttivi. Un tema tristemente attuale nel Settore e che negli ultimi anni sta vedendo una forte accelerazione è quello delle esternalizzazioni. Oramai, troppe sono le operazioni di cessioni di ramo, appalti, outsourcing operate dalle banche a favore di aziende di servizi: riteniamo che il fenomeno vada regolamentato per mettere un freno ad un processo che, spezzettando e frammentando il lavoro bancario, genera una pericolosa frattura. Raccolta, impieghi e gestione del credito devono restare integrate tra di esse e, aggiungiamo, anche direttamente collegate con tutti i processi di analisi, valutazione, studio, back office, supporto operativo, tecnico e informatico. Va evidenziato, ad onor del vero, come invece alcune banche abbiano fatto scelte che vanno nella direzione opposta, puntando sulla internalizzazione di alcune attività precedentemente esternalizzate, e questa si sta rivelando una scelta vincente, in quanto si assiste ad un miglioramento reale del processo produttivo e dell’efficienza e non ad una mera operazione di taglio di costi a breve e brevissimo termine. Va, altresì, non sottovalutato il rischio a livello sociale rappresentato dall’eccessivo ricorso alle cessioni di NPL (Non Performing Loans) e UTP (Unlikely To Pay), troppo spesso a soggetti non bancari che, mirando esclusivamente al rientro immediato del credito, compromettono pressoché definitivamente la capacità di ripresa di imprese e famiglie. Altrettanto pericoloso il rischio che la cartolarizzazione dei crediti problematici possa generare nuove, drammatiche “bolle” speculative che, esplodendo, potrebbero avere effetti drammatici sull’economia globale. Troppe sono le aperture che, in nome della libertà di impresa, l’ordinamento consente alle aziende e poche sono le limitazioni che le autorità di vigilanza pongono in tale ambito.

Ci sono state, su questo capitolo, vertenze che hanno visto il Sindacato unitariamente respingere alcune decisioni datoriali e sulle cui ricadute occupazionali non è stato possibile, al momento, trovare soluzioni condivise. Ci riferiamo alle recenti procedure sindacali concluse senza accordo in Banca Nazionale del Lavoro. Il Sindacato del Settore, va ribadito, è sempre stato pronto e disponibile – e resta pronto e disponibile – al confronto, ad un confronto vero seppur talvolta aspro, finalizzato alla individuazione di soluzioni valide, sempre nel rispetto reciproco dei ruoli e nella consapevolezza che la ricerca di un’intesa resta l’obiettivo primario. In tale direzione va la ripresa del confronto che ha potato, la scorsa settimana, alla sottoscrizione unitaria di alcuni importanti accordi. Intanto, come noto, nei giorni scorsi il Governo ha comunicato la decisione, dopo aver aperto una specifica istruttoria, di non utilizzare le facoltà del Golden Power in merito alla cessione da parte di BNL a AST (Accenture Services and Technology) di alcuni rami d’azienda del perimetro back office. Il legislatore è, a nostro avviso, altresì chiamato ad intervenire su tutte quelle differenziazioni ancora in essere tra la normativa nazionale e quella europea ed internazionale che aggravano il peso burocratico e regolamentare alle imprese bancarie del nostro Paese, determinando un vulnus in termini di capacità concorrenziale delle Banche italiane rispetto alle controparti estere. In tal senso, un breve accenno al fatto che l’Unione Europea dovrebbe finalmente evolvere e muoversi verso un modello che preveda l’effettiva armonizzazione delle varie legislazioni nazionali con l’obiettivo di annullare le varie differenze oggi ancora presenti e rendere effettivamente predominante la legislazione europea in tutti i Paesi dell’Unione. È tutt’ora aperto il fronte del rinnovo del contratto nazionale del credito cooperativo, ambito su cui, come noto, da tempo lavoriamo per dare opportunità di rappresentanza ai lavoratori anche attraverso UNISIN ma che ci vede ancora non presenti sul tavolo negoziale nazionale.
Il Settore della Riscossione da tempo è coinvolto in importanti riassetti legislativi. L’epocale riforma di Equitalia, introdotta con la Legge 225/2016, ha portato – come noto – alla creazione dell’Ente Pubblico Economico denominato Agenzia delle Entrate–Riscossione che ha, man mano, portato ad un avvicinamento all’Agenzia delle Entrate. La progettata riforma è stata presentata il 29 ottobre 2021 dal Ministro dell’Economia e delle Finanze con il disegno di legge n. 3343, che il 6 aprile 2022 era ancora in esame in sede referente presso la VI Commissione Finanze (relatore l’On. Luigi Marattin). Il disegno di legge – che risulta essere stato presentato come collegato alla legge di bilancio per l’anno 2022 – proietta, con la revisione dell’aggio, l’Ente di riscossione in una dimensione più ampia e complessa. Sotto quest’aspetto si aprono, dunque, nuovi orizzonti e sfide per tutte le Organizzazioni di Settore, che unitariamente dovranno farsi garanti nei processi fondamentali che – nel tempo e in un’eventuale attuazione dei contenuti propri della delega fiscale – potrebbero, quindi, sfociare in un graduale avvicinamento del Settore alla filiera pubblica. A soli quattro anni, dunque, dalla nascita di AdER e con un susseguirsi di norme che ne hanno, di fatto, ostacolato l’attività, poi quasi bloccata a causa della pandemia, oggi non ci sono elementi oggettivi e obbiettivi per fare un’analisi del Settore riscossione così come riorganizzato per effetto delle riforme ora ricordate. È tuttavia innegabile che il mantenimento dell’attuale sistema duale, basato su strutture organizzative e operative indipendenti e di diversa natura giuridica, l’una pubblicistica e l’altra privatistica, abbia consentito, in questa difficile fase della pandemia, la salvaguardia del salario, senza alcun ricorso ad ammortizzatori sociali, oltre che una maggiore flessibilità organizzativa ed operativa da parte dello stesso Ente di Riscossione. La stessa autonomia di AdER da tutti gli altri elementi direttamente legati agli Enti impositori (fisco) continua ad assicurare, nell’interesse del contribuente, la necessaria terzietà della Pubblica Amministrazione. Al netto del citato quanto complesso quadro legislativo e di un biennio atipico a causa della pandemia, l’attività sindacale nel Settore è stata comunque intensa.

La revisione e la firma dell’accordo sul lavoro agile quale misura strutturale e non più sperimentale, la presentazione della piattaforma di rivendicazione salariale e il conseguente avvio del confronto con la controparte datoriale finalizzato al rinnovo del CCNL scaduto nel 2018, tacitamente rinnovato per il successivo triennio senza produrre benefici economici per i Lavoratori, sono solo parte degli argomenti su cui si è concretizzata l’azione unitaria del Sindacato. In riferimento al complesso quanto fluido quadro normativo precedentemente indicato, non mancherà di certo al Sindacato la determinazione necessaria per affrontare, ancora una volta e a vari livelli, le sfide più importanti per la Categoria. La riscossione rappresenta nel Paese l’anello terminale della filiera fiscale, sul quale si ripercuotono le criticità e le disfunzioni dell’intero Sistema. Occorre ora concentrarsi sui reali punti di debolezza dell’intero processo quali, principalmente, equità dell’imposizione, lotta alla grande evasione, tempistiche di accertamento ridotte e gestione del contenzioso. In un’epoca ancora caratterizzata da disuguaglianze, inspiegabili divari nei trattamenti tra i generi (gender gap), manifestazioni di intolleranza e di esclusione su ambiti caratterizzati dalla diversità, non si può che continuare ad operare sul tema dell’inclusione.

A tal proposito va ricordato il ciclo di conferenze promosso da UNISIN “Noi Diversamente Uguali” che ha visto l’apprezzamento dell’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che nel suo messaggio definì il progetto come “teso a promuovere una società più inclusiva attraverso il coinvolgimento di quei soggetti che, con impegno costante e sinergico, ricercano tutte le possibili soluzioni per migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle persone più fragili” e, come tale, “non può che sollecitare piena condivisione e il fondamentale impegno della politica per affrontare e risolvere questo delicato ambito. Il contributo di tutti è requisito imprescindibile per ridare fiducia e prospettiva a coloro che chiedono e aspettano di vedere eliminata ogni forma di discriminazione, alle loro famiglie e alle persone che li assistono”. Progetto, lo ricordiamo, che ha visto compendiare in un volume i contributi raccolti nel ciclo di conferenze e che la Presidente della Commissione Lavoro della Camera dei deputati On. Romina Mura ha definito “meritevole l’iniziativa di UNISIN e stimolante la sua versione in volume, che per i soggetti della politica può valere come una sorta di breviario da cui attingere questioni aperte, riflessioni e proposte”. Dobbiamo continuare la nostra azione volta all’inclusività nella direzione dell’abbattimento di ogni barriera che ostacoli una reale parità di partecipazione da parte di tutti. Il gender gap nelle retribuzioni a sfavore delle donne è un qualcosa di abominevole, frutto di un’attuazione pratica di norme che, seppur in diritto non consentono distinzioni in base al genere, nei fatti portano ad una penalizzazione della donna che, seppur in un mondo notevolmente cambiato negli ultimi decenni, di fatto è sempre la parte su cui maggiormente ricadono i carichi della gestione familiare, dei figli, degli anziani, degli invalidi. Restando sul tema, non possiamo non denunciare la condizione della donna in numerosi posti al mondo, primo fra tutti l’Afganistan tornato talebano, così come in tanti altri Paesi, dove in nome di precetti religiosi o di consuetudini sociali maschiliste e patriarcali, è privata di diritti, subordinata all’uomo, in una parola sola: oltraggiata nella sua dignità. Non intendiamo dimenticare tutti gli altri tipi di discriminazioni, basate sulla religione, l’etnia, l’orientamento sessuale ed ogni genere di differenza e di pregiudizio, che devono essere combattute al fine di garantire a tutti vere pari opportunità. Il nostro Settore, grazie anche all’azione sindacale, è culturalmente all’avanguardia e in prima linea nella garanzia delle pari opportunità e deve continuare ad operare per la vera inclusività: ci sono le condizioni per essere da esempio e come UNISIN intendiamo continuare ad agire per farlo!

Venendo al tema della rappresentanza nel Settore, è necessario che ABI e le Banche prendano atto che non è più procrastinabile l’individuazione di soluzioni atte a garantire la rappresentanza dei lavoratori in un contesto che soffre da anni della cosiddetta “desertificazione” dei territori, con costanti e progressive chiusure di sportelli, e con la cura dimagrante degli organici. È sempre più difficile, oggi, assicurare ai lavoratori il diritto ad eleggere le proprie rappresentanze, perché sempre più complicato è soddisfare i requisiti stabiliti dalla Legge 300/1970 e dal Protocollo di Settore sulle libertà sindacali, in riferimento alla nozione di unità produttiva ed al numero di lavoratori e di iscritti necessari a costituire una RSA. Questo tema va affrontato subito e contestualmente alla necessità di garantire forme e mezzi di interazione con il lavoro da remoto, affinché il Sindacato ed il Sindacalista possano, con la medesima, efficacia continuare a rappresentare le istanze, vecchie e nuove, di un contesto che è cambiato e continuerà ad evolvere.

Anche la trasformazione dei profili professionali, dei ruoli, delle mansioni, in una parola: la nuova figura del bancario, rappresenta un processo che il Sindacato deve governare, anche al fine di riconoscere il “ruolo sociale” del Sindacato e del Sindacalista che nell’agire quotidiano è già concreta realtà. Nella stessa ottica, ai Rappresentanti sindacali va riconosciuta, a livello settoriale, la competenza espressa, anche attraverso idonei processi di certificazione delle competenze, con l’obiettivo di valorizzarne il fondamentale contributo prestato alla continua affermazione del Settore e non a deprimerne il ruolo e la missione.

Ciò anche al fine di un maggiore coinvolgimento di nuove forze giovani all’interno del Sindacato che solo così potrà continuare a garantire la sua sopravvivenza ed il necessario rinnovamento in un Settore dove, abbiamo detto, registriamo i più alti livelli di rappresentatività a livello europeo. Il ruolo delle Segreterie Nazionali, che è sempre più evidente a tutti i livelli, va riconosciuto anche attraverso la previsione di idonee dotazioni in termini di agibilità, ad oggi del tutto inesistenti.

A conclusione di questa relazione, in maniera convinta e non per liturgia, la Segreteria Nazionale intende rivolgere i propri ringraziamenti. Ringraziamo di cuore i tanti illustri ospiti oggi presenti, direttamente o da remoto, ai nostri lavori e che ci hanno onorato con la loro partecipazione. Un sentito grazie a tutti coloro che hanno contribuito, in questi anni, a far sì che UNISIN potesse svolgere al meglio il proprio compito. A tutti i nostri Dirigenti, ai nostri RSA, alle nostre Strutture rivolgiamo il nostro grazie unitamente all’invito a proseguire insieme in un percorso difficile, nella convinzione che il “lavoro paga”.
Ringraziamo lo staff amministrativo e tecnico che quotidianamente ci supporta e ci sopporta con abnegazione e impegno e grazie a tutta la struttura di supporto ai nostri lavori congressuali. Grazie ai vari dipartimenti ed ai collaboratori esterni per la competenza e la dedizione profusa a supporto della Segreteria Nazionale.

Grazie principalmente a tutti i nostri Associati per la fiducia che ripongono in UNISIN e quindi, insieme, in ciascuno di noi e in ciascuno di voi!

La nuova Segreteria Nazionale di Unisin

Segretario Generale: Contrasto Emilio;

Segretari Generali Aggiunti: Mattiacci Sergio, Pisani Pietro, Slavazza Gabriele;

Segretari Nazionali: Casagrande Alessandro, Fabi Valerio, Giuliano Stefano,
Grandine Francesco, Lanzini Massimiliano, Mascetti Mauro, Sala Tenna Ezio,
Valentini Domenicantonio,Vigliotti Tommaso

Tags

Share this post:

Post Correlati