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Salariati

di Mario Caspani ∙

Cito, in ordine alfabetico, dal “Dizionario etimologico della lingua italiana” di Cortelazzi e Zolli (Zanichelli, ed. 1992):

Compenso: “corrispettivo del lavoro svolto o dell’opera eseguita; risarcimento, riparazione” dal latino compensare mettere in contrappeso, equilibrare;

Emolumento: “retribuzione corrisposta per una prestazione di carattere professionale” dal latino emolumentum somma pagata per macinare (emolere) il grano;

Retribuzione: “compenso spettante al prestatore d’opera per il lavoro compiuto” (nel Dizionario della Lingua italiana di Tommaseo/Bellini del 1865/79 si aggiungeva “il linguaggio moderno ha immiserito questa parola restringendola alla ricompensa in denaro”) dal latino retribuere restituire, cioè dare (tribuere) indietro (re-);

Salario: “retribuzione corrisposta dal datore di lavoro al lavoratore dipendente sulla base delle ore e della quantità di lavoro prestata dallo stesso” dal latino salarium razione di sale, indennità, anticamente intesa in senso letterale come razione corrisposta a militari o civili, poi divenne una indennità sostitutiva della razione assumendo nell’Impero il significato estensivo, continuato poi nell’italiano, di retribuzione in denaro;

Stipendio: “anticamente paga, soldo per il servizio militare; retribuzione corrisposta ai mercenari” dal latino stipendium contribuzione in denaro, da stips (piccola moneta) e pendium, da pendere, (pagare).

Ci sono diversi ulteriori sinonimi per i termini che nella lingua italiana indicano una retribuzione, ad esempio “paga”, “onorario” e magari ancora altri, ma ora mi sono stufato di elencare significati.
Le brevi note sopra riportate suggeriscono però alcune considerazioni.

La prima riguarda la nobiltà dei concetti sottesi al termine “compenso”: risarcimento, riparazione, equilibrio… Che bel mondo sarebbe quello dove le retribuzioni fossero davvero commisurate a queste caratteristiche di “restituzione” del tempo, dell’impegno, della fatica compiuta nel proprio lavoro.

Col secondo sinonimo si fa un passo indietro, nell’antichità degli scambi commerciali di una civiltà pre industriale. Il corrispettivo del “molito”, del macinato, profumo di grano e di pane… vai a sapere poi se deriva da lì il termine colloquiale “grano, grana” per indicare il denaro.

Mi chiedo invece che cosa intendessero i due illustri linguisti ottocenteschi tacciando di “immiserimento” il fatto che ormai il solo significato moderno di “retribuire” venga accostato al pagamento in denaro. Forse la nostalgia dei tempi in cui vigevano il baratto o magari lo scambio in natura a regolare questioni commerciali, chissà.

E chissà anche perché nel comune sentire contemporaneo il termine “salario” venga generalmente considerato più volgare di “stipendio”. Non sentirete infatti nessuno dire “il mio salario è…” quasi che le uniche associazioni consentite al termine stesso siano prestazioni lavorative non particolarmente qualificate o professionalmente non appaganti.

Eppure la storia ci dice che se il “salario” deriva appunto dal sale, alimento vitale per secoli, lo “stipendio” è connotato dal quel prefisso “stips” che significa piccola moneta, quindi roba da poco.
E chissà infine che cosa ne pensano in proposito i CEO dei due principali gruppi bancari italiani. Sicuramente propenderanno per una delle prime tre definizioni dato che sarebbe arduo collegare gli importi loro spettanti, giuste recenti delibere assembleari, ai concetti di “piccola moneta” o di “razione di sale”.

A dire il vero faccio un po’ fatica (io, non loro eh) a trovare un nesso anche con i significati di compenso spettante per il lavoro compiuto (e altro che immiserimento, in questi casi), oppure di equilibrio o risarcimento per il lavoro compiuto.

Trattasi infatti di qualcosa come 9,6 milioni di euro per uno dei due CEO (3,25 di fisso e fino a 6,5 di variabile) e di 4,9 milioni di euro per l’altro (2,6 di fisso e 2,3 di variabile).

Se prendiamo il più basso dei due, significa un incasso in un anno solare non bisestile di 13.424 euro al giorno domeniche e festività compresi. Quanto alla parte variabile della retribuzione non c’è da preoccuparsi di convertire il salario in sale, sarebbero rispettivamente 16.250 tonnellate e 6.500 tonnellate, ai prezzi correnti, roba da far salire troppo la pressione. Visto che invece la parte variabile sarà in azioni, magari la pressione salirà un po’ se queste scendono, ma neanche tanto. Basta aspettare.

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