Enzo Parentela •
In un mondo interconnesso con l’avvento di sempre maggiori strumenti che rendono obbligatorio l’accesso alle reti telematiche, la nostra privacy diventa sempre più a rischio.
I comportamenti, i gusti, le preferenze, le scelte d’acquisto di ciascun utente, per il fatto che vengano espressi attraverso l’uso di una rete, sono, inevitabilmente, oggetto di ricerca, studio, acquisizione e, in ultima analisi, di profilazione. Tutte queste informazioni vengono acquisite da aziende specializzate e, sono catalogate per età, sesso, preferenze e quant’altro, per essere poi utilizzate al meglio nelle campagne di marketing. Fin qui restiamo nell’ambito puramente lecito, perché ai fini commerciali, lo scopo è soltanto quello di veicolare prodotti e servizi agli utenti adatti. Come dire: se l’utente è astemio sarà inutile inserirlo nella campagna pubblicitaria di un liquore.
Diverso è, invece, quando si tenta di appropriarsi di informazioni strettamente personali e sensibili, quali possono essere le simpatie politiche, la condizione sanitaria o le preferenze sessuali. A nessuno può far piacere vedere divulgato ai quattro venti quanto attiene la propria sfera personale. Ricordiamo che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, art. 8, definisce la protezione dei dati personali come un diritto fondamentale dell’individuo. Proprio per questo assume una rilevanza fondamentale la sicurezza informatica, in quanto i soggetti, ai quali affidiamo i nostri dati personali, per finalità diverse correlate alla fornitura di beni o servizi, hanno l’obbligo di proteggere e tutelare i nostri dati.
In tutto ciò, anche il comportamento dell’utente deve essere prudente e accorto. Infatti, non è casuale che gli esperti di cybersicurezza mettano l’elemento umano come primo fattore di rischio nella protezione dei sistemi informatici. Le password, viene ricordato, devono essere lunghe e complesse. Usare password come il classico “1234” o usare l’anno di nascita è assolutamente sconsigliato. Gli hacker usano programmi generatori di frasi e partono proprio da quelle più elementari per arrivare a quelle più complesse. Più breve e semplice sarà la password, più facile sarà forzarla.
Recentemente, un giovane hacker è riuscito a violare gli archivi del Ministero della Giustizia, per fortuna, sembra, senza troppi danni. Il responsabile è stato individuato e perseguito per legge.
Diverso è invece il caso che ha riguardato un’importante banca nazionale, dove non c’è stata alcuna violazione dei sistemi informatici, ma, piuttosto, l’azione di un singolo dipendente che violando le normative aziendali, abusava della sua posizione per spiare i conti di alcuni clienti. L’era dei giovani smanettoni, come sembrerebbe essere il giovane hacker che è penetrato nei sistemi del Ministero di Giustizia, sembra al tramonto perché, ormai, i cybercriminali sono dei veri e propri professionisti organizzati, con scopi estremamente pericolosi, dal ricatto alla distruzione dei dati. Senza contare poi i cyberattacchi per scopi militari, pertanto il problema della cybersicurezza non può essere trascurato in nessun caso. Ognuno di noi può diventare vittima di un attacco hacker con conseguenze disastrose, perciò per essere tranquilli, quando ci alziamo dalla scrivania, spegniamo il computer.