di Giovanna Santacroce •
Uguaglianza ed equità non sono concetti sinonimi: il primo parla del punto di partenza (stessi diritti e doveri), il secondo del possibile punto di arrivo (stesse opportunità). Si ha uguaglianza quando tutti sono trattati allo stesso modo mentre si ha equità quando si è messi tutti nelle condizioni di avere le stesse opportunità.
L’uguaglianza, come principio, è contenuta nell’articolo 3 della Costituzione, uno dei più importanti e noti, il quale afferma: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
L’equità, invece, comporta scelte importanti ed efficaci da parte di chi deve fornire gli strumenti affinché si possa avere eguaglianza. La prima cosa che mi viene in mente è l’esempio degli uomini e delle donne che sono uguali dal punto di vista dell’essere al mondo (esistere) ma non hanno la stessa dignità sociale. Quindi in questo caso non si tratta di raggiungere l’uguaglianza, che abbiamo dalla nascita, ma di fare in modo di essere trattati con equità per poter avere le stesse opportunità.
Non è un fenomeno innocuo, poiché il suo impatto è visibile su diversi piani: professionale, sociale, familiare, ecc.
Sul piano professionale la discriminazione di genere è definita dalla Direttiva Europea 2002/73/CE relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e le condizioni di lavoro. La direttiva è stata recepita a livello nazionale dal Decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 145. Il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna inquadra le discriminazioni come:
- discriminazione diretta: situazione nella quale una disposizione o un comportamento, produce un trattamento meno favorevole in ragione del sesso rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga.
- discriminazione indiretta: situazione nella quale una disposizione o una prassi possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso.
- molestie: situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato connesso al sesso di una persona avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di tale persona e di creare un clima ostile, umiliante od offensivo.
- molestie sessuali: situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato a connotazione sessuale, espresso in forma fisica, verbale o non verbale, avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona.
A livello sociale, invece, la donna può trovarsi in condizione di subalternità rispetto al marito o al padre. A livello economico, la donna continua a ricevere stipendi più bassi dell’uomo, pur se a parità di inquadramento professionale (divario salariale).
I compiti domestici o la cura dei bambini continuano a essere concepiti come doveri più legati alla donna che all’uomo. Potremmo stilare una lista infinita di situazioni in cui si verifica la disuguaglianza di genere. Nonostante tale disuguaglianza venga espressa in modo diverso nelle varie culture e il grado di subordinazione delle donne vari nel corso del tempo e nello spazio, è raro trovare una cultura in cui le donne abbiano maggiori vantaggi politici e sociali rispetto agli uomini. Un esempio di questo squilibrio o disuguaglianza di genere si vede riflesso negli alti indici di violenza contro le donne (abuso sessuale, sequestro di persona, stalking, maltrattamenti e violenza di genere, ecc.).
La donna è vista come una parte debole e sacrificabile nelle famiglie italiane (nel Sud in primis). Sono meno libere e represse da una cultura ancora molto patriarcale dove essere maschi significa essere più liberi di fare, muoversi e pensare. Molte donne subiscono la vergogna di sbagliare (si pensi allo stupro e al classico “però era vestita scollata”, che dovrebbe giustificare atti di violenza e di stupro, rendendo la vittima oggetto e non soggetto dell’atto criminale).
La cultura, ancora fortemente cattolica e oppressiva, su questo tema non aiuta.
Non a caso, le donne per esempio non possono dire messa ma sono relegate a “compiti inferiori” nel mondo ecclesiastico.
Per capire quanto una persona sia indipendente possiamo ragionare sulla capacità di muoversi liberamente sul territorio. L’Italia ha un sistema di trasporti notoriamente poco efficiente rispetto ad altri Paesi, soprattutto al Sud, risulta quindi essenziale l’uso della macchina per avere una completa autonomia. L’85,16% degli uomini over 15 ha una patente, contro il 63,21% delle donne.
Secondo la mia opinione bisognerebbe focalizzare l’attenzione sull’educazione alla parità di genere. Sin da piccole le bambine devono essere più sicure e non sentirsi inferiori nei confronti dei bambini. In particolare, a mio avviso, bisogna creare una solidarietà tra donne con un’educazione al rispetto delle differenze che per fortuna esistono e sono una ricchezza da cui attingere. Le donne non sono deboli, le si tratta e le si cresce in modo sbagliato senza fidarsi di loro, come degli uomini. Il mercato del lavoro italiano è ancorato a logiche maschiliste nonostante oggi il digitale estremizzi questa tendenza rendendo smaterializzato il lavoro che diventa sempre più intellettuale e meno fisico. I nuovi lavori che si andranno dunque a creare sono tutti digitali e non implicano quindi uno sforzo fisico. Nonostante ciò molte donne rinunciano al lavoro per dedicarsi alla famiglia per senso di colpa e per una forte pressione sociale, ma non certo per una reale volontà a sacrificare la propria vita professionale.