Intervista ad Emilio Contrasto Segretario Generale Unisin/Confsal
∙ Bianca Desideri ∙
Ricordare la Shoah, una delle pagine più tristi della storia del secolo scorso, è un impegno e un dovere continuo e non legato ad un solo giorno, il 27 gennaio. È necessario ricordare sempre quella tragedia e tramandarne la memoria alle giovani generazioni per evitare che simili drammi si ripetano.
Ogni anno, a partire dal 2000, in Italia viene celebrato il “Giorno della Memoria”.
Con quella decisione e fissando quella data il nostro Paese anticipò di cinque anni l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che ha reso internazionale la giornata per commemorare le vittime dell’Olocausto.
Perché la scelta proprio del 27 gennaio per ricordare, anzi per non dimenticare mai?
Il 27 gennaio 1945 le truppe dell’Armata Rossa dell’Unione Sovietica – con il loro ingresso e la liberazione degli Ebrei prigionieri nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau in Polonia – svelarono al mondo una delle tragedie più grandi del secondo conflitto mondiale e uno degli orrori della storia più incomprensibili compiuto contro l’umanità.
Con Emilio Contrasto, Segretario Generale di UNISIN/CONFSAL, parliamo dell’importanza del ricordo. Di quel ricordo!
A suo avviso quanto è importante ricordare eventi come la Shoah?
È fondamentale, soprattutto per trasmettere la memoria ai giovani e a coloro che, anche non più giovani, non hanno vissuto quelle vicende. Con il trascorrere del tempo i testimoni di quei tragici eventi vanno via via scomparendo e non è quindi più possibile ascoltare le narrazioni dirette di quei tragici momenti dalla loro viva voce. È nostro dovere – quindi – operare per trasmettere, letteralmente in modo fisico, la loro memoria in modo tale che il grido di dolore di milioni di uomini, donne e bambini che hanno perso la loro vita non si disperda nel vuoto dell’oblio.
Ripetiamo spesso, quasi come un mantra, quanto è importante tramandare la “memoria” perché episodi tragici per l’umanità non si ripetano, condivide quindi questa impostazione?
Certo e la sostengo a viva voce. La “memoria” è fondamentale per gli individui e per i popoli, non solo perché episodi che segnano la vita delle persone o, addirittura, la spengono per sempre non si ripetano, ma anche perché, come ho già detto, si faccia tesoro degli accadimenti negativi e tragici della nostra storia per non ripeterli.
Una sorta di trasmissione della conoscenza anche se non diretta…
Sì, una trasmissione della conoscenza che si sostanzia non solo attraverso le testimonianze scritte, orali, fotografiche, ecc.,, ma anche mettendo in pratica in ogni situazione e momento della nostra vita un elemento essenziale per la crescita e la vita democratica, quello della tolleranza, della conoscenza e del rispetto dell’altro da sé.
Questa azione continua porta al rispetto della diversità, delle idee e delle posizioni differenti dalla nostra. Spesso e ormai da troppo tempo, assistiamo, invece, purtroppo, a veri e propri “attacchi” e “contrattacchi” per affermare le proprie idee, senza neppure ascoltare l’altro. Questo atteggiamento è devastante, soprattutto per i giovani che ancora non sono in possesso delle corrette chiavi di decodifica dei linguaggi e può generare scompensi nello sviluppo armonico della personalità ed errate modalità di comprensione delle situazioni, portandoli a replicarle anche nei loro vissuti scolastici, familiari ed extrafamiliari caratterizzandole con connotazioni violente.
Dalle sue parole emerge un forte richiamo alla necessità di far comprendere ai giovani l’importanza del ricordo e del concetto di tolleranza, base di ogni società che voglia definirsi civile e democratica…
Sì. Dobbiamo trasmettere ai giovani attraverso il ricordo e la memoria quella che è la storia del nostro Paese e della casa comune europea. E aggiungo soprattutto l’importanza del rispetto e della tolleranza, basi del vivere civile e democratico. E qui va richiamata necessariamente la nostra carta costituzionale e, con essa, anche la Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione del 2007 che evidenzia come la Costituzione rappresenta “lo spartiacque nei confronti del totalitarismo, e dell’antisemitismo che ha avvelenato l’Europa del XX secolo e perseguitato il popolo ebraico e la sua cultura. La Costituzione è fondata sul rispetto della dignità umana ed è ispirata ai principi di libertà ed eguaglianza validi per chiunque si trovi a vivere sul territorio italiano. Partendo dalla Costituzione, l’Italia ha partecipato alla costruzione dell’Europa unita e delle sue istituzioni. I Trattati e le Convenzioni europee contribuiscono a realizzare un ordine internazionale basato sui diritti umani e sulla eguaglianza e solidarietà tra i popoli”. E ancora “I valori su cui si fonda la società italiana sono frutto dell’impegno di generazioni di uomini e di donne di diversi orientamenti, laici e religiosi, e sono scritti nella Costituzione democratica del 1947”.
Quindi i giovani devono diventare testimoni del passato attraverso il ricordo e la memoria e al tempo stesso devono essere i costruttori del futuro?
Da sempre il testimone della storia passa di generazione in generazione, dagli “anziani” ai “giovani”, con il compito e, soprattutto, la speranza che eventi che hanno segnato in maniera negativa la storia di famiglie, popoli, nazioni non si verifichino più.
Purtroppo, però, siamo consapevoli anche che – come la storia plurimillenaria del nostro pianeta tristemente ci insegna – non è così.
Noi tutti, però, dobbiamo impegnarci fortemente a trasmettere in maniera anche critica, attraverso le testimonianze e la memoria storica, la positività o la negatività degli accadimenti.
Sì, riprendendo la sua domanda, i giovani devono essere testimoni del passato per tramandarlo e costruttori del futuro come la natura loro assegna. Costruttori di un futuro consapevole e migliore dove non ci sia posto per stragi, morti, olocausti, guerre, ecc. e aggiungo di un presente e un futuro dove non ci sia casa per discriminazione ed esclusione.
Un mondo utopico…
Sì, ma mi lasci sperare che in un futuro possa esistere…