di Antonino Costa ∙
Placido Rizzoto nasce a Corleone il 02gennaio 1914, figlio di Carmelo e Giovanna Moschitta, primo di sette figli, perde la madre da bambino. In seguito all’arresto del padre accusato di appartenere alla mafia, fu costretto ad abbandonare la scuola per occuparsi dei fratelli.
Durante la seconda guerra mondiale prestò servizio in Friuli Venezia Giulia, sui monti della Carnia, prima come caporale, poi come caporal maggiore ed infine come sergente. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, si unì ai partigiani delle brigate Garibaldi. Con i partigiani aveva imparato tanto. Aveva imparato che gli uomini non nascono ricchi o poveri, padroni o schiavi, ma tutti uguali e liberi.
Rientrato a Corleone alla fine del conflitto mondiale, si diede alla attività politica e sindacale, ricoprendo l’incarico di presidente dei reduci e combattenti dell’A.N.P.I. di Palermo e quello di segretario della camera del lavoro di Corleone, diventando un esponente di spicco del partito socialista italiano e della C.G.I.L, mettendosi fra l’altro a capo del movimento contadino per la distribuzione delle terre dei feudi non coltivati. L’episodio che portò “cosa nostra” a decretarne la morte, fu l’occupazione dei contadini di un feudo che la mafia aveva promesso a Luciano Liggio. Ma vi fu un ulteriore episodio che inasprì, i rapporti tra i mafiosi, in quando Rizzotto umiliò pubblicamente Luciano Liggio, aggredendolo fisicamente ed appendendolo all’inferriata della villa comunale. La sera del 10 marzo 1948, Rizzotto, che rientrava da una riunione sindacale, fu catturato, sotto casa, pestato a sangue e finito con tre colpi di pistola.
Il fatto venne visto da un pastorello Giuseppe Letizia, che per la tenera età rimase scioccato dalla brutalità del gesto tanto da essere ricoverato in ospedale dove curato con un’iniezione morì, ufficialmente per tossicosi. Scomparso l’unico testimone, per i colpevoli arrestati dall’allora capitano dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, il processo finì con l’assoluzione per insufficienza di prove. Solo nel 2012, il 09 marzo, l’esame del DNA, comparato con quello del padre Carmelo, riesumato per l’occasione confermò che alcuni resti di un morto ammazzato ritrovato in una foiba, appartenevano a Placido.
Cosi il 24 maggio del 2012 il Consiglio dei Ministri decise di organizzare funerali di Stato con la presenza delle più alte autorità compreso il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Solo così dopo 64 anni Placido Rizzoto ha potuto avere una degna sepoltura degna di un grande uomo.
Onorificenze
Medaglia d’oro al merito civile con la seguente motivazione:
“Politico e sindacalista fermamente impegnato nella difesa degli ideali di democrazia e giustizia, consacrò la sua esistenza alla lotta contro la mafia e lo sfruttamento dei contadini, perdendotragicamente la giovane vita in un vile agguato ad opera degli esponenti mafiosi corleonesi. Fulgido esempio di rettitudine e coraggio spinti fino all’estremo sacrificio.”