di Mario Caspani •
Michael Shellenberger è uno studioso dell’ambiente, esperto di energia, autore di numerosi libri, studi e articoli in materia. La sua autorità sulle tematiche ambientali è unanimemente riconosciuta.
E’ consulente del Congresso USA e dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change dell’ONU), cofondatore dell’Environmental Progress e del Breakthrough Institute, due importanti “think tank” americani sulle problematiche “green” ed è stato inserito dal TIME nel 2008 nell’ “Elenco degli eroi dell’ambiente”.
Il suo ultimo libro è uscito nel 2020 col titolo Apocalypse Never, ora disponibile in italiano (Marsilio Editore), tradotto con “L’apocalisse può attendere. Errori e falsi allarmi dell’ecologismo radicale”:
Che cosa abbia di interessante il libro lo si è capito dalle dichiarazioni dello stesso autore, per esempio questa:
“Sono un attivista del clima da 20 anni e un ambientalista da 30. Ma in qualità di esperto di energia chiamato a testimoniare davanti al Congresso americano, e invitato dall’Intergovernmental Panel on Climate Change [il famoso Ipcc dell’Onu premiato insieme ad Al Gore con il Nobel per la pace nel 2007, ndr] come revisore del suo prossimo rapporto di valutazione, sento il dovere di chiedere perdono per quanto gli ambientalisti hanno fuorviato l’opinione pubblica.
Ecco alcuni fatti che pochi conoscono:
- Gli uomini non stanno provocando una “sesta estinzione di massa”;
- L’Amazzonia non è “il polmone del mondo”;
- Il cambiamento climatico non aggrava i disastri naturali;
- Dal 2003 gli incendi sono diminuiti in tutto il mondo del 25 per cento;
- La quantità di terra che utilizziamo per la carne (l’utilizzo più esteso di terra fatto dall’umanità) è diminuita di una superficie quasi pari a quella dell’Alaska;
- Sono l’accumulo di combustibili legnosi e la maggior presenza di case nei pressi delle foreste, non il cambiamento climatico, il motivo per cui in Australia e in California si verificano sempre più incendi, e sempre più pericolosi;
- Le emissioni di anidride carbonica calano nella maggior parte delle nazioni ricche e in Gran Bretagna, Germania e Francia sono in diminuzione dalla metà degli anni Settanta;
- Produciamo il 25 per cento di cibo in più rispetto al nostro fabbisogno e i surplus di cibo continueranno ad aumentare con il riscaldamento del mondo;
- La perdita di habitat e l’uccisione diretta di animali selvatici rappresentano per le specie minacce più gravi del cambiamento climatico;
- Il combustibile legnoso è di gran lunga peggio dei combustibili fossili per le persone e la fauna selvatica;
- La prevenzione nei confronti di future pandemie richiede più, non meno, agricoltura “industriale”.
Mi rendo conto che i fatti di cui sopra appariranno a molti come “negazionismo climatico”. Ma questo non fa che confermare il potere dell’allarmismo climatico. Per la verità, questi fatti sono tratti dai migliori studi scientifici a disposizione, tra i quali quelli condotti o accettati dall’Ipcc, dalla Fao, dalla International Union for the Conservation of Nature e da altri enti scientifici tra i più importanti.”
E ancora altre dichiarazioni decisamente imbarazzanti per il mainstream politicamente corretto sulle tematiche ambientali che quasi quotidianamente ci ammorba dai media di tutto il mondo:
“Fino all’anno scorso, ho per lo più evitato di esprimermi contro il panico climatico. In parte perché ero in imbarazzo. Dopo tutto, sono colpevole di allarmismo come qualunque altro ambientalista. Per anni, ho parlato del cambiamento climatico come di una minaccia “esistenziale” per la civiltà umana, chiamandolo “crisi”.
Soprattutto, però, avevo paura. Sono rimasto in silenzio davanti alla campagna di disinformazione sul clima perché temevo di perdere amici e finanziamenti. Le poche volte che sono riuscito a raccogliere il coraggio per difendere la scienza del clima da quanti ne abusavano, ho subito dure ripercussioni. E così per lo più sono rimasto al mio posto e non ho fatto quasi nulla mentre i miei compagni ambientalisti terrorizzavano l’opinione pubblica”.
Poco da aggiungere, mi sembra, se non che le frasi che ho riportato facevano parte di un’intervista rilasciata a Forbes e, naturalmente, poco dopo la loro pubblicazione, sono state censurate.
Facile quindi prevedere che l’Autore, dopo aver passato oltre 20 anni a lottare per la causa ambientalista, dovrà passarne altrettanti – se non di più – per difendere le sue buone ragioni dagli attacchi di chi invoca la scienza solo quando gli fa comodo. E se ci fosse qualche dubbio basta una Greta qualsiasi.