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La pace perduta

di Enzo Parentela ∙

La parola pace sembra aver perso significato nell’epoca attuale, per non dire che, addirittura, pare bandita nel lessico quotidiano. Un tempo, durante i concorsi di bellezza, le partecipanti, future miss, intervistate su quale fosse il loro desiderio più importante rispondevano “la pace nel mondo”. Ma anche questa esternazione oggi è caduta nel dimenticatoio.

Non che la pace abbia significato molto nella storia umana. Tutte le epoche storiche, o quasi, sono contraddistinte da conflitti, scontri tra nazioni o popoli. Negli ultimi anni ci eravamo, però, abituati ad uno scenario di non belligeranza, o quanto meno non pensavamo, come europei e cittadini occidentali, che la guerra potesse riguardarci direttamente. Nell’era delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea, dei G7, dei voli spaziali, del mercato libero, del crollo dei muri, tutto avremmo pensato tranne che ci saremmo trovati coinvolti in uno scontro armato tra nazioni straniere. Il conflitto Russo-Ucraino, anche se sembra esploso quasi d’improvviso, ha radici ben lontane. Lasciamo agli esperti di geopolitica, che in questi giorni abbondano, il compito di spiegarne le motivazioni.

Quello che sembra assolutamente inconcepibile è che nessun leader internazionale, a parte l’eccezione del Presidente della Turchia e qualche telefonata dei leader di Francia e Germania, abbia sentito il dovere e l’esigenza primaria di avviare un negoziato o una ragionevole esortazione a sospendere le ostilità.

In tutto questo silenzio, l’unica voce che si è levata è stata quella del Santo Padre che, ovviamente, non poteva esimersi dal lanciare appelli a favore della pace.

La guerra in Ucraina ha connotazioni davvero insolite nella storia del mondo moderno, per una strana forma di acquiescienza alla quale si sono assoggettate le popolazioni soprattutto europee. Dove sono finite le marce per la pace? In tempi non lontani, associazioni, partiti, sindacati, cittadini si mobilitavano per manifestare a favore di essa. Qualcuno ricorda Jan Palach? Se volete risparmiarvi la ricerca su Google posso dirvi che Jan Palach era un giovane cecoslovacco che nel 1969 si diede fuoco in piazza, a Praga, per protestare contro l’invasione della Cecoslovacchia ad opera dell’Unione Sovietica. Il suo sacrificio fu anche una protesta sul fatto che il suo popolo si stava rassegnando all’occupazione delle truppe russe avvenuta nel 1968.

La drammatica protesta di Jan Palach, per quanto nell’immediato non sortì l’effetto di far ritirare le truppe russe, contribuì a suscitare nel mondo l’indignazione e la ribellione di migliaia di giovani che, in tutti i paesi del mondo, unirono la loro voce in innumerevoli azioni di protesta. Vent’anni dopo, è crollato il muro di Berlino, l’Unione Sovietica si è disciolta, la Cecoslovacchia e le altre nazioni del blocco sovietico hanno riacquistato la loro libertà.

Altri tempi, qualcuno direbbe. Ma come mai oggi, al di là delle reazioni della comunità internazionale, la popolazione non ha sentito il bisogno di manifestare contro la brutale invasione di una nazione sovrana?
Ci siamo assuefatti? O ci siamo rassegnati alla ineluttabilità della guerra?

Soprattutto, di fronte ad un conflitto in cui si minaccia il ricorso all’uso di armi atomiche, perché le associazioni pacifiste, i sindacati, i partiti, ma anche tutta i cittadini non uniscono la loro voce per gridare: Fermatevi??

Il nostro paese, come tutte le nazioni europee, ha scelto di schierarsi a favore dell’Ucraina, come era giusto che fosse, sostenendo quello Stato con aiuti economici ma, soprattutto, con l’invio di armi. E la pace? In tutto questo, ci siamo dimenticati che essa stessa è il bene primario che dobbiamo sempre ricercare? La nostra Costituzione, all’articolo 11, recita testualmente: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. I nostri leader lo hanno dimenticato? Forse sarebbe il caso che i cittadini europei cominciassero a pretendere dai loro governi che la pace, che non è uno slogan, va difesa sempre e comunque. In un conflitto tra nazioni, il compito della comunità internazionale non può essere soltanto quello di schierarsi dalla parte di uno dei contendenti, ma bisogna che vengano ricercate soluzioni pacifiche per porre fine alle ostilità.

Solo una politica mirata alla concordia tra popoli potrà porre fine, in tempi brevi, a questa assurda guerra tra russi e ucraini. Dobbiamo chiederci senza la ricerca della pace quanta distruzione, quanta disperazione e quanti morti ci vorranno ancora perché si arrivi alla fine? E, soprattutto, che conseguenze ci saranno per tutti noi?

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