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Hai vent’anni…
Crescere…
Come le onde del mare…

Intervista a Gennaro Madera

di Brunella Trifilio ∙

Benvenuto a Gennaro Madera, giovane poeta ventenne e consulente editoriale.
Il suo è un inizio lavorativo sui generis: la scrittura che diventa lavoro autonomo, non soltanto strumento di comunicazione supportato dal web. Una nuova strada per attualizzare la poesia e renderla immortale come “Le onde del mare”?

Deve esserci la volontà di fare della propria passione un lavoro; e per fare ciò è necessario pensare alla tua passione come lavoro anche quando ancora non lo è.

Quando “Hai vent’anni”, i sogni possono diventare realtà se solo ci credi. Crederci, per “Crescere”, rimanendo in Italia, non è però cosa facile. Cosa possiamo suggerire ai giovani per non arrendersi all’emigrazione intellettuale?

Gennaro Madera

L’Italia è un posto meraviglioso, basterebbe questo. Circondarsi delle bellezze che abbiamo ispira e rasserena. Ai miei coetanei mi sento solo di dire: se avete la possibilità e il giusto supporto perseguite la strada che porta al vostro sogno, anche se tutte le voci intorno vi urlano un netto “NO”. Convincetevi che è la cosa giusta. La condizione mentale è essenziale. Non è nulla di immediato, bisogna aspettare. Ma, d’altronde, l’attesa è la base di ogni traguardo, perché ti permette di organizzarti.

Un “poeta pop” che scrive da Millennials ma “strizza l’occhio” ad un passato intriso del passaggio dal latino al volgare, dalla poesia costruita per pochi eletti a quella popolare religiosa e giullaresca …

La contaminazione tra ere è fondamentale, a mio avviso, nell’arte. Bisogna sapere cosa è successo prima di noi, studiare il passato, rubare ad esso il meglio e rielaborarlo, reinventarlo, aggiungendo elementi contemporanei, del proprio vissuto. Un po’ come fa, nella pittura, Roberto Ferri: i suoi quadri sembrano usciti dal soffitto di una cattedrale cinquecentesca, se poi guardi bene però la donna raffigurata ha lo smalto ai piedi. Anche solo parlare, nella poesia, di tutto ciò che nel quotidiano oggi è presente e ieri no significa innovare.

Precariato, infortuni sul lavoro, alienazione da ritmi di lavoro sempre più pressanti, disinteresse verso la politica. Quale aiuto possiamo chiedere alle scienze umane e sociali per la crescita dell’uomo, l’affermazione dei diritti e la costruzione di quella “cittadinanza attiva”, pilastro della nostra Europa?

Le scienze umane e sociali ti obbligano a riflettere, a studiare argomentazioni e sostenere una piuttosto che un’altra. Questo è fondamentale per capire il presente. Se dibatti, se ti confronti con chi ha una visione diversa dalla tua, entri nel vivo di uno scontro tra visioni che non può che arricchire entrambi. Per quanto riguarda la politica io non credo che la ragione di disinteresse, astensionismo e distacco non sia da ricercare negli astenuti o nei disinteressati. Credo invece che sia la comunicazione e la vita politica che debba sforzarsi di rifondarsi, se davvero vuole avvicinare i giovani. Non sono neppure certo che ci sia questa volontà dato che i voti di questi ultimi, numericamente, sono decisamente minori rispetto a quelli delle fasce di età più avanzata. Credo che la questione stia lì: la comunicazione e la proposta politica punta a raggiungere chi può assicurare più voti. Se non si rifonderà questa mentalità il disinteresse aumenterà sempre di più.

Il lavoro appare ai ragazzi di oggi come un’arte del vivere bene in sintonia con la propria famiglia e l’ambiente esterno. Il sindacato dei lavoratori del credito ha fatto del welfare e dell’inclusione un modello di riferimento per l’intero mondo del lavoro. Ritiene che le nuove generazioni abbiano piena consapevolezza dei diritti conquistati in ambito “work life balance”?

Non so se ci sia questa consapevolezza, io stesso mi sono dovuto informare appena letta la domanda. Ma credo che la direzione sia quella giusta e sono felice di vedere come ci siano questi progressi. Io mi guardo intorno tra i miei coetanei e vedo che la direzione è quella: lavorare per essere sereni, non ricchi. Si prediligono lavori che ti permettono di avere il tempo necessario per curare le relazioni umane. Anche se la paga è minore. Purtroppo ci devono essere le condizioni: se i soldi sono urgenti per il vivere non si possono fare troppe scelte. Ma questa è un’altra questione, quella della povertà, una questione grave e attuale in Italia. Si può rivendicare il diritto di essere ciò che si vuole ad oggi, diceva Marracash, ma non si può ancora dire di essere poveri. Questo è un grande problema. Tornando al lavoro, i sindacati svolgono un ruolo essenziale e spero che si vada sempre migliorando. Non è umano il fatto che una persona debba sacrificare le relazioni umane per il proprio lavoro. Conoscere a fondo una persona, stringere con essa un legame, richiede tempo e frequentazione. Lo sport ti salva dallo stress, da quando stai scoppiando dentro. La famiglia è presenza: loro hanno bisogno della tua e tu della loro. Il lavoro non può sovrastare tutto questo, non può essere un buco nero che risucchia ciò che è al di fuori di lui e lascia solo sé in vita. A questo punto ritorno a uno dei concetti precedenti: a questo punto conviene aspettare. Il proprio momento. Il lavoro giusto. La vita giusta.

Come vede il futuro dei suoi coetanei? Più emigranti alle dipendenze di un datore di lavoro non italiano o più imprenditori nel proprio paese?

Domanda interessante. Non ho le competenze per fare analisi e previsioni di mercato ma sicuramente posso dire che la direzione che porta a essere imprenditori nel proprio paese è in netto aumento. Grazie agli strumenti che abbiamo oggi (la potenza dei social media, che hanno lanciato numerosi imprenditori con attività legate o partite dai social stessi) possiamo raggiungere milioni di persone senza passare da editori tradizionali (televisione, casa editrici). Questo spinge all’indipendenza e alla cooperazione. Tu crei il tuo percorso, raggiungi determinati obiettivi; in questo modo hai il potere di poter dialogare con il datore di lavoro senza essere sfruttato, facendo la voce grossa. Viviamo in una era con grandi possibilità. Se raggiungiamo degli obiettivi gli altri sono costretti ad ascoltarci. Alla fine credo che la direzione sia sempre bilanciata. Con un fine condiviso e fondamentale: eliminare lo sfruttamento. Lavoro retribuito sempre. Non deve più esistere un periodo di prova non retribuito. Sono sempre comunque portato a vedere il futuro positivamente, non posso fare altrimenti. Spero che già nel breve termine le cose possano migliorare. Lavorare meglio significa vivere meglio e con un cittadino felice il progresso non tarda ad arrivare.

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